Ricetta contro i ritardi della giustizia? Ecco processo online, testimoni via web Maxitruffa ad aziende di mezza Italia, in quattro alla sbarra
Sfilata di imprenditori nell’aula polifunzionale del tribunale di Cremona per una maxi truffa che sarebbe stata messa in atto da quattro persone ai danni di aziende di mezza Italia. Quella di oggi, però, è stata un’udienza particolare, in quanto i testi, alcuni dei 24 imprenditori vittime della truffa, non sono venuti di persona a testimoniare, ma grazie al progetto Digit e al collegamento via Skype è stato possibile sentirli e vederli direttamente via web. Si tratta della nuova applicazione informatica messa a punto dal giudice Pierpaolo Beluzzi, un progetto che fa del tribunale di Cremona il capofila dell’innovazione nel sistema giustizia.
La novità, questa volta, è che i testimoni sentiti via web hanno scelto di usare la stessa piattaforma per la teleconferenza. Per vedere e sentire i testi, che a loro volta su un monitor vedevano l’aula del tribunale, sono stati sufficienti una webcam e un microfono. Il giudice Beluzzi ha presieduto l’udienza con i giudici a latere Giulio Borella e Cristina Pavarani. In questo modo il collegio, il pm Lucia Trigilio, applicata dal tribunale di Bergamo, e la difesa hanno potuto fare domande ai testi che si sono collegati direttamente dai loro uffici di Cervia, Modena, Lecco e Arona senza la necessità di essere presenti a Cremona. Chiaro, dunque, il risparmio di tempi e di costi che il progetto del giudice Beluzzi ha portato. Un esempio ? Considerando le distanze, i testimoni avrebbero chiesto il rimborso per il viaggio. In questo modo l’amministrazione ha risparmiato almeno mille euro.
Un’idea che è piaciuta anche agli avvocati difensori Lino Ciaccio, di Perugia, Angelo Spasari, di Vibo Valentia e a Marilena Gigliotti, di Cremona, scettici in un primo momento, ma soddisfatti al termine dell’udienza. “Sicuramente un giudizio positivo”, ha detto l’avvocato Ciaccio, “anche a fronte di quelle che sono le esigenze dei testimoni. E’ la prima volta che mi capita di fare un contraddittorio via web”. Prossima tappa del progetto, postazioni a Crema e facoltà per testimoni e avvocati di gestire il fascicolo digitale direttamente in udienza.
Venendo all’udienza di oggi: quattro gli imputati del processo, tutti accusati di associazione per delinquere e truffa per aver commesso una serie di raggiri nel settore edile. I fatti contestati risalgono al periodo che va dal novembre del 2005 all’ottobre del 2006. Sotto accusa ci sono Domenico Currà, di Vibo Valentia, Giuseppe Fogliaro e i due figli Francesco, nato a Crema, ed Enzo Pietro, nato in provincia di Reggio Calabria.
Currà è accusato di aver promosso l’associazione a delinquere in qualità di titolare della ditta Edil Cer di Castelleone che si occupava della compravendita di materiali edili. Per l’accusa, si sarebbe avvalso della “stabile collaborazione” dei Fogliaro, che avrebbero mantenuto i contatti con i fornitori ed occultato la merce.
I quattro avrebbero carpito la fiducia delle ditte fornitrici, ed agendo in nome e per conto della Edil Cer si sarebbero procurati un profitto di 435.820 euro, acquistando dalle società ingenti quantitativi di beni che erano stati stoccati in un deposito nel cremonese di proprietà della Edil Cer per poi essere trasferiti in un magazzino di Soresina.
Si parla di articoli di rubinetteria, materiale igienico sanitario, materiale ceramico, climatizzatori, una piscina ordinata a Vescovato, vasche da bagno, cucine e mobili.
Nelle testimonianze on line sono stati sentiti gli imprenditori Sergio Martinci, di Cervia, all’epoca dei fatti presidente di una ditta di ceramiche. “Per tre spedizioni di materiale sono state emesse fatture per 13.00 euro saldate con un assegno poi tornato protestato”. Andrea Papazzoni si è poi collegato da Castelvetro di Modena. A Currà aveva venduto una fornitura di piastrelle, mentre Emiliano Dido, di Arona, articoli di rubinetteria.
Costantino Alde, di Barzanò, in provincia di Lecco, era direttore amministrativo di un’azienda di condizionatori d’aria. “Il contatto con Currà è avvenuto in una fiera a Milano. Sono state emesse sette fatture mai saldate”.
Direttamente in aula, invece, è stato sentito l’imprenditore cremonese Giacomo Spedini dal quale l’imputato nel 2006 aveva acquistato una piscina. “L’assegno che mi è stato versato è tornato indietro”. E’ stata poi la volta di Gianfranco Maffioletti, nel 2006 presidente di una società di Curno, in provincia di Bergamo, che agli imputati aveva venduto climatizzatori, e di Massimo Goglione, di Castiglione delle Stiviere. “Abbiamo ricevuto un assegno scoperto”, ha ricordato, dopo la vendita di accessori da bagno.
Nessuno degli imprenditori si è costituito parte civile.
L’udienza e’ stata poi aggiornata al prossimo 17 giugno per sentire via web altri testimoni.