Cronaca

Canile, in aula l'infiltrata' Facciolo: 'La Nin? Non si poteva fermare'

Nella foto il canile di Cremona e il dottor Rosario Fico, il perito incaricato di effettuare le autopsie sulle carcasse trovate nella cella frigorifera del canile

LA TESTIMONIANZA DI ROSETTA FACCIOLO

Un fiume in piena, Rosetta Facciolo, rappresentante della sezione locale della Lega per la difesa del cane, una delle parti civili chiamata a testimoniare nel processo sullo scandalo delle presunte uccisioni e maltrattamenti al canile di Cremona. “Sono una gattara e una cagnara da una vita”, ha detto di sé la teste, che tra il 2005 e il 2006 si era infiltrata all’interno del canile in seguito alle confidenze ricevute all’epoca dei fatti da Laura Gaiardi, una delle volontarie del canile comunale finita a processo insieme alla collega Elena Caccialanza, alla veterinaria dell’Asl Michela Butturini, all’ex presidente della passata gestione (dal 2004 al 2008) dell’Associazione Zoofili cremonesi Maurizio Guerrini e alla sua vice Cheti Nin.

“Non si riusciva a fermare”, ha detto la Facciolo, riferendosi alle presunte uccisioni messe in atto dalla Nin.  “Era lei che decideva quando era l ‘ora in cui un cane doveva morire. Al canile si usava la parola fatto per dire che un cane era stato ucciso”. “Ho visto fare le iniezioni”, ha ricordato la Facciolo, “tutto perché bisognava fare spazio”.
All’inizio con Cheti Nin “c’era un rapporto di simpatia, stima e amicizia”. Al canile, la teste ci andava a portare cani e gatti che trovava per strada in difficoltà. “Era un posto che ritenevo sicuro”, ha detto la Facciolo. Fino a quando Laura Gaiardi le aveva fatto certe confidenze. ‘Qui succedono cose’, le aveva confidato, ‘devi fare qualcosa, arrivano cani dappertutto, non ce la facciamo più’. “Io non ci credevo”, ha raccontato la testimone, che era entrata nel canile “per accertare questi fatti”, raccogliendo anche “le confidenze di chi lavorava li'”.

In aula la responsabile della Lega del cane ha riferito la sua esperienza e quanto visto e vissuto fuori e dentro il canile. “A Bonemerse c’erano due fratelli che non volevano più i loro due cani. Io e Cheti siamo andate là con un furgone a prendere gli animali, ma invece di portarli al canile, la Nin ha voluto portarli dalla Butturini”. La Facciolo ha poi raccontato che uno dei cani era stato ucciso dalla dottoressa dopo che la Nin le aveva detto che aveva avuto una crisi epilettica. “Io ero inebetita”, ha ricordato.

“Ho portato al canile animali che non ho più visto”, ha continuato. “Mi dicevano che uno era finito sotto un treno, oppure che un altro era stato adottato, ma non si sapeva da chi. Ho visto Cheti fare due cani solo perché erano mogi mogi, l’ho vista fare iniezioni con il farmaco Tanax senza anestesia, al canile c’era una carriolata di Tanax. L’ho vista uccidere un cane di nome Galeazzo solo perché ingombrante, c’erano cani uccisi perché saltavano, altri che erano rinchiusi in troppi: venivano messi insieme maschi aggressivi con altri meno aggressivi”. La Facciolo ha poi ricordato un paio di occasioni in cui si erano organizzate delle riunioni. “Era per parlare del problema, i cani non si dovevano uccidere, ma ero inascoltata, se ne fregavano”.

La teste ha anche riferito di aver parlato a lungo di quanto stava succedendo al canile con la Butturini che con lei si era sfogata: ‘maledico il giorno in cui sono andata al canile, io non ce la faccio’. “La Butturini”, ha spiegato Facciolo, “sapeva perfettamente che la Nin uccideva i cani, tanto che aveva portato a casa sua trenta cani per salvarli dalla Nin”. Del problema, la teste aveva parlato anche con il responsabile dell’Asl Renato Crotti, “ma non è cambiato nulla”.

LE VOLONTARIE

Un racconto dell’orrore, quello illustrato davanti al collegio presieduto dal giudice Pio Massa (a latere i colleghi Andrea Milesi e Francesco Sora) da Luigina Bruni, una delle volontarie storiche, al lavoro al canile tre volte alla settimana dal gennaio del 1997 al luglio del 2009. “C’erano tanti cani insieme nei box”, ha spiegato. “C’erano sbranamenti, cani che litigavano, è stato il periodo più brutto che ho passato al canile, in un box c’erano fino a dieci cani”. La Bruni ha affermato di aver visto Cheti Nin uccidere cani, Laura Gaiardi ammazzare cuccioli ed Elena Caccialanza prendere una cesta con dei gattini e sopprimerli. “Tutti erano animali sani e belli”. “Ho visto la Nin uccidere un cane”, ha continuato. “Aveva ancora la siringa nel cuore. Uccideva continuamente. C’erano anche cani liberi, e spesso ne faceva fuori qualcuno. Di Tanax ce n’era dappertutto”. La teste ha riferito anche dei litigi con Cheti Nin. “Ho litigato più volte, mi voleva mandare via perché diceva che mettevo i dipendenti l’uno contro l’altro”. Nell’ottobre del 2007, davanti alla polizia, Luigina aveva negato che al canile si uccidessero cani e gatti. “Cheti Nin mi aveva minacciato”, ha spiegato oggi. “Avevo mio marito malato e lei mi aveva detto che mi avrebbe mangiato fuori la casa”. La Bruni ha anche dichiarato che l’allora presidente Maurizio Guerrini “sapeva che al canile si uccideva”. “C’era stata una riunione in cui gli avevamo detto che la Nin sopprimeva gli animali. La sua risposta è stata: ‘Come sei romantica…tanto prima o poi sarebbero morti comunque’”.

Sentita anche Daniela Boccali, volontaria fino al 31 luglio 2009 per tre -quattro pomeriggi a settimana. “Negli ultimi anni c’era un sovraffollamento incredibile. I box erano pieni, la struttura stracolma. Ho visto fare iniezioni di medicinali a cani e gatti. Anche ai cuccioli. Non si salvavano. Venivano inseriti nei box maschi e femmine non sterilizzati e poi nascevano cuccioli che non si salvavano. Venivano ‘fatti’,  soppressi”. Cani morti arrivati dall’esterno? “Mai visti”. “Vedevo che uccidevano cani e cuccioli che stavano bene”, ha continuato la teste, sempre con iniezioni nei box”. La Butturini? “La vedevo poco, a volte veniva, non so se controllava”. I medicinali? “Erano in un mobiletto non chiuso a chiave. C’era sempre la scorta, il prodotto era presente in abbondanza”. “E’ accaduto che la sera c’erano dei cani”, ha raccontato la volontaria, “che poi il mattino dopo erano spariti. La Nin diceva che erano stati adottati. Ma quando, di notte?!” “Chi faceva soppressioni?”, le ha chiesto il pm Fabio Saponara. “Cheti Nin, Caccialanza e a volte Gaiardi per i cuccioli”. “Andare dai carabinieri? Mi avrebbero rovinato, c’erano minacce”. “Per queste contestazioni”, ha spiegato la Boccali, “eravamo sul libero nero. Io avevo paura di andare dai carabinieri. Anche ai Nas, quando sono stata convocata, ho detto che avevo paura”.

IL CASO ‘MATISSE’: “AL CANILE C’ERA L’EUTANASIA FACILE”

Davanti al collegio ha testimoniato anche Paola Bertani, parte civile, proprietaria del cane Matisse, un cucciolo di labrador di quattordici mesi. “Io e mio marito l’abbiamo preso al canile”, ha raccontato la proprietaria, “l’abbiamo fatto microchippare dalla Butturini, gli abbiamo fatto fare sei mesi di agility, era un cane estremamente intelligente, ma noi non eravamo i proprietari giusti per un cane così dominante”. La Bertani ha riferito di un episodio accaduto il 4 maggio del 2008 alle Colonie Padane, quando Matisse aveva aggredito un altro cane. “In quell’occasione mio marito era stato morso, ma non da Matisse”. Dopo quel fatto, i proprietari avevano riportato Matisse al canile. “Ci avevano fatto firmare delle carte dicendo che il canile era responsabile e che loro dovevano essere a conoscenza di qualsiasi cosa, così l’abbiamo portato”. “Abbiamo parlato con la Nin”, ha continuato la Bertani, “e lei ci ha detto che il cane sarebbe stato seguito dalla dottoressa Butturini, che era anche comportamentista. E’ successo il 6 maggio alle 17. Noi non eravamo adatti per un cane così, eravamo di pasta frolla. Ci hanno detto che sarebbe stato messo sotto osservazione per una settimana, ma ho chiarito che per qualsiasi decisione avrebbero dovuto chiamarci“. In quei giorni la teste e il marito avevano incontrato la veterinaria Federica Mainardi con la quale avevano parlato del caso di Matisse. “La Mainardi ci ha detto che al canile c’era l’eutanasia facile“, ha riferito la Bertani. “Il 7 maggio siamo tornati al canile per chiedere informazioni del nostro Matisse, e la Nin ci ha detto che la Butturini l’aveva ucciso perchè ‘ci aveva guardato male’. Quando però siamo andati in studio dalla dottoressa per chiederle spiegazioni, lei ha detto che non ne sapeva nulla”. La Bertani ha concluso la sua testimonianza dicendo di aver fatto richiesta del certificato di morte all’Asl e di aver scoperto che il cane era morto per altra causa, per soffocamento nel tentativo di scavalcare la recizione.

IL MARESCIALLO DEL NAS STEFANO CIUCCI

Sentito anche il maresciallo del Nas Stefano Ciucci, che con il collega Umberto Giannini (leggi il resoconto della scorsa udienza nel link in basso) ha seguito le indagini. Il teste ha parlato di un “enorme numero di casi di sbranamenti dovuti ad un eccessivo numero di cani in un solo box”. Il maresciallo ha riferito che “oltre alla convenzione fatta con il Comune di Cremona e con altri 37 comuni, l’Associazione Zoofili ha continuato a sottoscrivere altre convenzioni, solo per reperire denaro, con il risultato che nella struttura non c’era più spazio. La situazione era diventata insostenibile. Le convenzioni andavano fatte solo nel rispetto della capienza”. “Tutte le carcasse”, ha spiegato il maresciallo, “venivano messe nella cella frigo. Ogni mese c’erano 30/35 cani che uscivano morti dal canile di Cremona. Il numero di cani era di molto superiore rispetto ai cartellini identificativi trovati. Non esisteva il canile sanitario e non c’erano microchippature, tranne per i cani destinati alle adozioni, ma il giro di animali era quattro volte superiore”. Il teste ha anche spiegato che per nell’indagine erano stati sequestrati fondi dell’Associazione zoofili di diverse centinaia di migliaia di euro. “Sui conti operavano solo Cheti Nin e Maurizio Guerrini”, ha sottolineato il maresciallo. “C’erano diversi conti correnti e titoli”.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 11 febbraio per sentire altre volontarie.

Sara Pizzorni

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