Materia prima dai rifiuti ecco il progetto che mette d'accordo ambiente ed economia
Presentato presso la sede delle Acli provinciali il progetto “Amali, rifiuti = risorse”, che arriva a Cremona nel bel mezzo della polemica sui rifiuti e sul futuro dell’inceneritore, ma che sta facendo il giro del territorio e delle istituzioni provinciali e regionali da oltre un anno. A presentarlo Maria Grazia Bonfante, capogruppo di minoranza di “Vescovato insieme si cambia”, Ferruccio Rizzi, ex assessore all’ambiente di Casalmorano, Guido Ongaro, Vice Sindaco di Madignano e Riccardo Ulivi, capogruppo di minoranza della lista Apertamente di Soncino. Una formazione trasversale di amministratori che da tempo si battono perchè la questione rifiuti venga affrontata non come problema da gestire con discariche e inceneritori ma come opportunità di crescita, considerate le ottime prospettive delle “materie prime seconde”, soprattutto in un Paese privo di materie prime classicamente intese, come l’Italia.
In apertura Francesca Pontiggia ha fatto presente il motivo dell’interesse dell’associazione cattolica dei lavoratori: “Le Acli cremonesi già in marzo si erano espresse in tema di rifiuti infatti è di primaria importanza l’adeguamento a quanto indicato dall’Unione Europea, che caldeggia sistemi tariffari legati alla formula del “paghi quanto butti”. Se i 27 paesi dell’Unione si adeguassero alle normative comunitarie si potrebbero risparmiare 72 miliardi di euro l’anno. Il settore della gestione rifiuti e del riciclaggio incrementerebbe il proprio fatturato di 42 miliardi di euro l’anno, creando 400.000 posti di lavoro entro 2020. Viste le condizioni in cui versa la nostra provincia in termini di record di sforamento dei limiti di legge sulle polveri sottili nell’aria e di tumori, unite alle difficoltà economiche, riteniamo indispensabile un profondo ripensamento del sistema di gestione dei rifiuti e degli investimenti connessi”. Il progetto viene visto insomma come un virtuoso esempio di cittadinanza attiva da cui i sindaci potrebbero trarre vantaggi.
A illustrare il progetto Amali è Maria Grazia Bonfante: un insieme di azioni che prevedono oltre alla differenziata spinta, un sistema di impianti a freddo per il trattamento dell’indifferenziato in modo da ridurre da subito i carichi ambientali (emissioni e risparmio di materie vergini e acqua); con creazione di occupazione (1 a 15 l’impiego di manodopera anche qualificata rispetto all’inceneritore); riduzione della tassa rifiuti di almeno un 20%, abbattimento dei costi delle materie prime (del 60-70%) delle imprese liberando risorse e, consentendo un notevole risparmio energetico, fa decadere le procedure d’infrazione dell’Unione Europea. Gli impianti potrebbero sorgere nelle tante aree produttive dismesse della provincia, insieme ad impianti di riciclo dei rifiuti differenziati. “Non serve cercare tanto lontano le soluzioni tecniche – afferma Bonfante – queste già ci sono e altrove le stanno attuando da anni. I cittadini italiani, invece, stanno pagando, senza saperlo, le sanzioni europee derivanti dal fatto che si continua a gestire la partita rifiuti con il binomio discarica – inceneritore”.
“Più della metà dei Sindaci – continuano gli estensori del progetto – della provincia di Cremona hanno deliberato all’unanimità la marginalizzazione dell’incenerimento e l’avvio in discontinuità con l’attuale fallimentare gestione integrata dei rifiuti, di un percorso di cambiamento fatto di prevenzione, riduzione, riuso e riciclo. Deliberazioni che indicano precisamente l’indirizzo politico da seguire e le relative scelte da compiere. Parallelamente invece prendiamo atto di decisioni completamente opposte prese nei Cda, nominati, delle partecipate. Un ribaltamento delle posizioni inaccettabile e illegittimo. Inaccettabile perché i CDA non possono non tenere conto della posizione espressa, in molti casi, dalla stragrande maggioranza dei loro soci, cioè i sindaci e quindi i cittadini che essi rappresentano. Purtroppo quello che abbiamo potuto constatare negli incontri e nei tavoli di discussione pubblica, di questo ultimo periodo, è esattamente questo doppio ruolo di una immagine pubblica nei quali i vari rappresentati dei CDA esprimevano condivisione rispetto ad un nuovo modello di gestione dei rifiuti e poi nel segreto delle loro stanze promuovevano azioni esattamente contrarie atte non solo a mantenere lo status quo ma a peggiorare la situazione. In virtù del referendum con il quale 27 milioni di italiani hanno confermato la pubblicizzazione dei servizi acqua, rifiuti e trasporti, sollecitiamo i Sindaci ad individuare nell’Azienda speciale costituenda per l’idrico il contenitore anche per i rifiuti puntando all’ambito provinciale come già deliberato”.
“Il nostro è un progetto che mette insieme ragioni ambientali, economiche, educative e soprattutto mette in regola l’Italia con la direttiva europea del 2008. La gestione dei rifiuti va definita a livello provinciale, per questo avevamo iniziato a muoverci nel 2012, in prossimità della scadenza del Piano provinciale rifiuti e di quello regionale. Purtroppo non siamo ancora riusciti a far capire che il problema inceneritore non è solo di Cremona ma dell’intera provincia. Anche laddove si è iniziato con la tariffazione puntuale, come a Casalmaggiore, non si è capito che si rischia di vanificare quel lavoro finchè si continua a basarsi sullo smaltimento tradizionale.” Dunque, totale contrarietà ad ogni forma di ammodernamento dell’impianto Lgh di S. Rocco, ma anche dell’ampliamento della discarica di Malagnino su Vescovato (progetto vecchissimo, partito nel 2007 e arenatosi davanti al Tar). E a chi obietta che i rifiuti ospedalieri e gli altri non recuperabili avranno sempre bisogno di un inceneritore, i promotori della proposta rispondono con i numeri forniti dalla Regione, che nella mappatura degli impianti esistenti in Lombardia ha accertato l’esistenza di un surplus di inceneritori che avranno sempre meno combustibile da bruciare. “Impianti a fine vita come quelli di Cremona, Desio e Parona devono essere dismessi”, è l’auspicio degli estensori della proposta, la stessa recepita nella mozione votata dal Consiglio regionale a luglio e votata dalla metà dei comuni cremonesi, capoluogo compreso.
I sindaci cremonesi non dovrebbero aver dubbi su quale sia la strada battere, insistono gli ambientalitsi. Come autorità sanitarie della provincia con uno dei più alti tassi di incidenza dei tumori d’Italia, dovrebbero aver ben chiare le responsabilità anche penali oltre che morali che gravano su di loro.
21 le associazioni cremonesi che hanno sottoscritto questo manifesto di green economy, tra cui Coordinamento dei Comitati Ambientalisti lombardi, Legambiente, comitato No Autostrade. Alla presentazione ha partecipato anche Rifondazione Comunista, preoccupata in particolare degli aspetti legati alla perdita di controllo reale dei sindaci sulle proprie partecipate.
© RIPRODUZIONE RISERVATA