Cronaca

Tamoil, filone 'Stanga': ditte esterne incaricate di gestire i rifiuti

Parola ad altri testimoni della difesa, nel processo davanti al giudice Francesco Sora su uno dei filoni della raffineria Tamoil. Tre gli imputati: Enrico Gilberti, gestore della Tamoil, difeso dall’avvocato Carlo Melzi d’Eril, Livio Ernesto Tregattini, delegato del settore ambiente e sicurezza, assistito dall’avvocato Isabella Cantalupo, e il libico Mohamed Abulaiha Saleh, difeso dall’avvocato Simone Lonati.
Il filone è quello relativo al forte odore di idrocarburi che secondo l’accusa si era sprigionato dalla raffineria il 24 e il 26 novembre del 2009. L’odore aveva raggiunto il confinante istituto Stanga, provocando malori in alcuni dipendenti della scuola. Oltre all’accusa di getto pericoloso di cose in merito agli episodi dello Stanga, i tre imputati devono rispondere anche di illecita gestione di rifiuti, di aver commesso reati in materia edilizia e dello sversamento nel fiume Po di acque reflue industriali tossiche e pericolose.
Oggi è stata sentita la testimonianza di Fiammetta Baglivo, che in Tamoil, dal 2006 alle 2011, ha lavorato nell’ufficio attività ambientali. Sulle procedure per lo smaltimento rifiuti, la teste ha spiegato che il dipartimento ambientale faceva da supporto a Tamoil per la gestione dei rifiuti. “Il direttore responsabile”, ha detto la Baglivo, “era Ambrosio, che è rimasto fino al 2009. A lui è subentrato Tregattini come responsabile del servizio prevenzione e protezione, ma non era dirigente”. La teste ha raccontato che nel 2009 c’era stato il cosiddetto “turn around”, un’operazione di manutenzione straordinaria effettuata ogni quattro o cinque anni durante la quale tutte le attività di Tamoil si fermano. “Con il turn around”, ha continuato la testimone, “si crea un’ingente produzione di rifiuti. Per questo c’erano dei supporti esterni. Venivano infatti stipulati contratti con società esterne, come ad esempio la Petroltecnica, incaricate di gestire i rifiuti”.
“C’erano aree dedicate alla raccolta dei rifiuti”, ha aggiunto l’altro teste, l’ingegner Giovanni Bassetti. “Venivano create delle zone in prossimità degli impianti dove erano accumulati i rifiuti e le ditte esterne si occupavano della raccolta”. L’ingegner Bassetti ha lavorato in Tamoil dal 1987 al 2012. A domanda dei difensori, ha detto di non ricordarsi di episodi relativi a strani  odori che si sarebbero sprigionati dalle vasche per la pulitura degli scambiatori.
All’epoca dei fatti, ad occuparsi dei lavaggi delle apparecchiature, c’era Giorgio Fanton. L’operaio aveva lavorato nei pressi al serbatoio A5 dal quale aveva aspirato i vapori per evitare la fuoriuscita di idrocarburi. “Non ho mai avuto malesseri”, ha detto il testimone.
Per quanto riguarda uno dei capi di imputazione relativo a reati in materia edilizia, i tre imputati sono accusati di aver realizzato senza permessi, nel dicembre del 2009, 12 edifici utilizzati per lo stoccaggio dei rifiuti in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico. “Era la cosiddetta zona baracche”, ha ricordato l’ingegner Bassetti. “Si trattava di prefabbricati utilizzati dalle imprese esterne. Alcuni erano container di dimensioni contenute, altri erano capannoni, ma con strutture non permanenti”.
Si torna in aula per sentire altri testi il prossimo 4 dicembre.

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