Sequestra e violenta la moglie, tunisino condannato a 10 anni
AGGIORNAMENTO – E’ stato condannato a dieci anni per violenza sessuale e sequestro di persona, Ben Salah Tabai Mongi, 47 anni, tunisino residente a Parma, finito a processo davanti al collegio dei giudici (presidente Pierpaolo Beluzzi, a latere Francesco Sora e Andrea Milesi) per aver tenuto segregata la moglie Amina (il nome e’ di fantasia), 45 anni, di Tunisi, attualmente residente a Cremona. Come risarcimento danni, i giudici hanno condannato l’imputato ad una provvisionale immediatamente esecutiva di 50.000 euro. Per Tabai, incensurato, il pm di Brescia Silvia Bonardi aveva chiesto una pena di nove anni. La motivazione sarà depositata entro 90 giorni.
La coppia, sposata in Tunisia nel 2000, si era trasferita in Italia l’anno successivo. Viveva in provincia di Parma, dove lei era stata tenuta segregata prima di essere salvata dalla polizia. “Un matrimonio combinato”, ha detto il pm , “avvenuto con il pagamento di 8 mila euro al padre della donna”. L’imputato, di religione musulmana, gia’ sposato con una donna italiana, aveva detto alla moglie di essere il proprietario di una pizzeria, le aveva promesso mari e monti una volta in Italia. E invece non aveva un lavoro stabile, l’aveva portata in una pensione squallida, l’aveva costretta ad avere rapporti sessuali, legata, schiavizzata, bruciata con un coltellino, obbligata a portare il velo, lei che poi si era convertita alla religione cattolica, e ad andare con lui a recuperare materiale nelle discariche.
Con l’imputato, “la vittima temeva per la sua vita”. Il pm ha detto che lei “aveva paura perché era clandestina in Italia, aveva chiesto aiuto ai servizi sociali, ma si e’ trovata abbandonata al suo destino. Era sola, l’unico riferimento rimaneva suo marito. Per questo aveva accettato le richieste del tunisino di girare un video. E nella vacanza che la coppia aveva fatto sulla neve, le foto tutto sembrano fuorché una gita di piacere. Lui l’aveva costretta a camminare con le ciabatte sulla neve e anche ad assistere a rapporti sessuali tra lui e la sua prima moglie”. Per il pm, i racconti degli orrori e delle violenze subiti dalla donna sono fatti attendibili. “Questa donna era utilizzata dal marito come un oggetto e solo per fare sesso in modo violento”.
Nel procedimento, Amina, di professione fisioterapista, era parte civile attraverso l’avvocato Guido Priori, mentre l’imputato, non presente in aula, era difeso dall’avvocato Michele Tolomini che per il suo assistito ha chiesto l’assoluzione, non ritenendo attendibile la persona offesa. “Questa donna ha un bagaglio culturale”, ha detto il legale, “parla le lingue, ha un lavoro, un atteggiamento occidentale, mentre lui è una bestia, un poveraccio. Possibile che lei sia stata costretta a subire per un così lungo lasso di tempo?. Al contrario, avrebbe avuto tutte le capacità per poter denunciare la propria situazione e chiedere un aiuto preciso”. Per l’avvocato, “sotto sotto c’era una situazione di tragica e triste accettazione. Lei era arrabbiata con il suo mondo che l’aveva indotta ad un matrimonio forzato. Ma il reato di riduzione in schiavitù presuppone un annullamento dell’individuo. Lei, invece, un margine ce l’aveva. Aveva deciso che non era ancora il momento di ribellarsi”.
Nei confronti della moglie, in un alto procedimento penale, l’imputato è accusato anche di stalking,violenza privata e lesioni personali. Nel 2007 Amina era andata a vivere da sola a Cremona dove aveva aperto un negozio dell’usato. Ma il marito l’aveva ritrovata e l’incubo era ricominciato. Per il 47enne, Amina ha chiesto l’arresto, ma l’uomo e’ tutt’ora libero.
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