Biogas, il record cremonese Il punto in commissione Garanzia
La commissione Controllo e Garanzia della Provincia si riunirà martedi prossimo, 15 ottobre, presso il Politecnico di via Sesto, alle 10,30, per fare il punto sullo stato di attuazione di quanto sottoscritto nell’ordine del giorno votato all’unanimità dal Consiglio a febbraio 2012, proposto da Maria Rosa Zanacchi (Pd), “richiesta di interventi volti a limitare la realizzazione ed autorizzazione di impianti di biogas che non siano collocati presso le stalle delle aziende agricole e che superino i 250 KW di potenza”.
Il territorio cremonese come noto è ai vertici nazionali per quantità di impianti di produzione energetica da biogas. «Per alimentare un “digestore” da 1 MW – si leggeva nell’odg di un anno fa – occorre ogni giorno l’equivalente di 1 ettaro di terreno coltivato a mais al punto che a breve il 25% della superficie agricola provinciale sarebbe destinato a produrre mais da utilizzare negli impianti di biogas, sottraendo così terreno fertile alla produzione di alimenti umani ed animali. (…) Il bilancio energetico netto è modesto: per coltivare mais serve molta energia fossile (lavorazione del terreno , concimi chimici e pesticidi , diserbanti , irrigazione , trasporti , impatto sulla viabilità durante il raccolto perché i semilavorati possono provenire da un raggio di 70 Km dall’impianto) pari al 75/80% dell’energia verde prodotta».
Una situazione che «sta favorendo l’accaparramento delle superfici agricole con conseguente vertiginoso aumento dei canoni di affitto. La produzione di mais per gli impianti di biomasse viene doppiamente incoraggiata sia dai contributi della PAC che dagli incentivi statali a scapito di culture che sono più necessarie alla nostra zootecnia di eccellenza e alla nostra industria agroalimentare. La conseguente massiccia importazione di alimenti animali da altri continenti per soddisfare la domanda di cereali dei nostri allevamenti contribuisce anche essa a quei fenomeni di speculazione sulle materie prime alimentari che hanno accresciuto fame e povertà nei Paesi in deficit alimentare». Il Consiglio Provinciale votò all’unanimità il «sostegno all’agro-ecologia favorendo le iniziative basate sul riuso, il riciclo, il rispetto dell’ambiente , le energie rinnovabili come il microidroelettrico e riportando il biogas al principio originario di valorizzazione di biomasse “non nobili” la cui “digestione” rappresenti un’alternativa a forme di smaltimento costose quali i rifiuti organici domestici, gli scarti della Grande Distribuzione Organizzata e quelli agro-industriali fermentescibili».
Contro il business del biogas si esprime anche Terre Nostre, il coordinamento dei comitati no biomasse e no biogas, a cui fa riferimento Maria Grazia Bonfante, capogruppo di minoranza a Vescovato. Il riferimento è alle recenti dichiarazioni dell’assessore regionale Gianni Fava, tese a dimostrare la preponderanza di reflui zootecnici come “carburante” per il biogas. «Le cifre fornite da Fava sono una presa in giro – afferma Terre Nostre -. Si sono “pesate” le biomasse solo in termini ponderali. Ma i liquami zootecnici sono costituiti per il 90-95% da acqua, mentre negli insilati l’acqua è solo il 25-30%. I dati della Regione Lombardia indicano che l’insilato di mais rende 160 mc/t, i reflui zootecnici “medi” 64 mc/t. Nei dati presentati da Fava manca poi un 9% di biomassa assimilabile a “generici scarti vegetali” (250 mc/t). Ne risulta che la produzione di biogas da reflui zootecnici è pari a solo il 29% del totale mentre gli insilati rappresentano il 51%. In realtà il contributo delle colture dedicate e del potenziale food e feed è ancora più alto».
«La Regione Lombardia – conclude il coordinamento – che non ha mai redatto le linee guida circa l’indicazione delle aree inidonee alla localizzazione delle centrali, continua a favorire la lobby del biogas (società impiantistica e grosse società che controllano più centrali). Una lobby molto accreditata presso partiti e burocrazia».
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