Catetere malposizionato Medico a processo ma il consulente lo scagiona
E’ ripreso oggi davanti al giudice Pierpaolo Beluzzi il processo per omicidio colposo nei confronti di Gabriele Rozzi, 54 anni, medico chirurgo dell’ospedale di Cremona, in merito al decesso di Andrea Devescovi, 46enne bresciano, paziente dell’imputato. Il fatto risale al 28 agosto del 2008. Secondo la procura, Rozzi, difeso dall’avvocato Isabella Cantalupo, “con colpa e violazione delle norme”, non avrebbe posizionato correttamente la Peg (gastrostomia endoscopica percutanea) al degente. La Peg è una tecnica necessaria nei pazienti che non sono in grado di nutrirsi autonomamente per bocca. Ciò a causa, come nel caso del 46enne bresciano, delle condizioni neurologiche del paziente. Rozzi è accusato di non aver posizionato il catetere nello stomaco e di averlo lasciato libero nell’addome. Qui il liquido nutritivo si è sparso, facendo conseguentemente insorgere una forma di “peritonite diffusa” che ha richiesto un intervento chirurgico laparotomico in seguito al quale il paziente ha riportato un’insufficienza renale acuta. Ne è seguito “un drammatico peggioramento delle condizioni cliniche che hanno contribuito a determinarne il decesso”, sopraggiunto il 15 agosto del 2009.
L’imputato, però, è stato in parte scagionato dal consulente tecnico della procura, la dottoressa Yao Chen, che ha comunque ritenuto che non ci fosse un pericolo di vita per il paziente, nonostante il malfunzionamento della Peg. “Nel giro di un mese”, secondo l’esperta, “le conseguenze negative si sarebbero risolte. Ma il paziente aveva anche delle sue patologie rilevanti”. In sostanza, per la Chen, non c’è un nesso causale tra le lesioni che sarebbero state provocate in seguito al malfunzionamento della Peg e il decesso del paziente, “decesso avvenuto per cause patologiche secondarie”.
Al contrario, secondo il consulente di parte civile “ci fu un concreto rischio che la situazione potesse peggiorare. Bastava poco perché fosse irreversibile”.
Per la difesa, “non è possibile prospettare con ragionevole certezza un nesso di causa o concausa tra la complicanza peritonitica per il mal posizionamento della Peg e la morte, verosimilmente legata alle compromesse condizioni generali e neurologiche del paziente“. L’avvocato Cantalupo ha anche ricordato che “tra il posizionamento della Peg, avvenuto il 28 agosto del 2008, e la morte, sopraggiunta il 15 agosto del 2009, è passato un anno”.
LA STORIA
Il 2 agosto del 2008 Andrea era caduto dalle scale di casa per un cedimento degli arti inferiori. Era stato portato all’ospedale di Esine dove gli era stato riscontrato un trauma cranico e contusioni emorragiche fronto parietali. Era poi stato trasferito d’urgenza all’ospedale di Cremona dove nel reparto di Neurochirurgia era stato sottoposto ad un intervento per l’asportazione dell’ematoma. Dal 2 al 4 agosto era stato ricoverato nel reparto di Rianimazione e Terapie Intensive. Era cosciente. Il 4 era tornato in Neurochirurgia e il giorno dopo aveva accusato febbre alta, difficoltà respiratorie e crisi epilettiche, tanto che era stato necessario ricoverarlo nuovamente in Rianimazione. Il 17 era tornato in Neurochirurgia e il 28 agosto era stato sottoposto all’intervento per il posizionamento della Peg, per l’accusa senza che i familiari fossero stati avvertiti preventivamente. Dal reparto di Neurochirurgia, Andrea era stato trasferito il 2 settembre nel reparto di Rianimazione di Esine. Sempre secondo la procura, senza motivazione. Da parte sua la famiglia del paziente aveva espresso preoccupazione in quanto ad Esine non c’era un reparto di Neurochirurgia in grado di far fronte alle problematiche di Andrea. Due giorni dopo erano sorte delle complicazioni, il 5 le condizioni del 46enne erano peggiorate, tanto che era stato sottoposto ad un intervento chirurgico ad Esine. In questa occasione i medici si erano accorti del mal posizionamento della Peg e della raccolta delle sostanze alimentari tra le anse intestinali. Dalla documentazione era emerso che la Peg, anziché essere stata posizionata nello stomaco, era stata sistemata nella cavità addominale, provocando al paziente una peritonite con una gravissima compromissione delle sue condizioni. In seguito era sorta un’insufficienza renale acuta. Andrea non si era più risvegliato dallo stato di coma. Il 30 settembre era stato portato agli Spedali Civili di Brescia e il 16 ottobre era stato sottoposto ad un intervento di riposizionamento della valvola di derivazione ventricolo peritoneale. Un’operazione, quest’ultima, che secondo l’accusa avrebbe già dovuto essere stata effettuata dai medici di Cremona. Il 30 ottobre Andrea era stato trasferito alla Domus Hospice di Brescia e il 15 agosto del 2009 era sopraggiunto il decesso.
La sentenza sarà pronunciata il prossimo 4 novembre.
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