Cronaca

Rapina all'ex Colata: altri due arresti, scacco al capo del gruppo Presi i complici delle guardie giurate

Sopra, il luogotenente Foglia, il capitano Propato e i cinque arrestati

AGGIORNAMENTO – Sono stati identificati e arrestati i due complici delle tre guardie giurate finite in manette agli inizi di giugno per la rapina messa a segno nella notte tra il 3 e 4 marzo scorso all’ex Colata Continua di Pizzighettone. Oggi, ai tre basisti Angelo Del Vecchio, 55 anni, di Milano, Alessandro Saletti, 44 anni, di Piacenza, e Francesco Scaratti, 60 anni, nato a Senna Lodigiana, in provincia di Lodi, si aggiungono altre due persone. Uno è considerato il capo dell’organizzazione e si trovava ai domiciliari. L’altro è un autotrasportatore. L’operazione, chiamata “Oro rosso”, è stata delineata in mattinata dai carabinieri in una conferenza stampa organizzata nella caserma di Santa Lucia alla quale hanno preso parte il capitano Livio Propato e il luogotenente Angelo Foglia. “Un importante risultato”, hanno detto i due militari, “un lavoro certosino fatto di analisi dei flussi telefonici, centinaia di migliaia di numeri provenienti da schede intestate a personaggi di fantasia”.

 

Il gip Guido Salvini

I dettagli della vicenda emergono dalle carte dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Guido Salvini. In arresto sono finiti Francesco Messina, 39 anni, nato a Palmi, in provincia di Reggio Calabria e residente a San Felice del Benaco, in provincia di Brescia, e Antonio Pinto, 26 anni, di Taranto e residente a Misano Gera D’Adda, in provincia di Bergamo. Questi ultimi due sono accusati di furto aggravato in concorso tra loro, con i tre complici e con altre persone non ancora identificate, per essersi impossessati di cinque rimorchi contenenti rame per un valore di circa un milione di euro di proprietà della Carlo Colombo S.p.A., sottratti dallo stabilimento della ditta dove erano parcheggiati e ritrovati successivamente dai carabinieri nel bresciano, in particolare nelle zone di Bedizzole, Calvagese della Riviera, Brescia, Vobarno e Calcinato.

Per il gip Salvini, “sono stati raggiunti indizi di colpevolezza non solo gravi, ma che sfiorano quasi la certezza della loro responsabilità”.
In particolare, Messina, “pur trovandosi in regime di detenzione domiciliare, ha organizzato il colpo, assoldando le guardie giurate Del Vecchio e Saletti, procurandosi i mezzi necessari (cinque motrici) ed avvalendosi della collaborazione di numerosi altri soggetti. Ha anche partecipato personalmente al furto ed è, con tutta probabilità, in possesso delle pistole di Saletti e Scaratti. La sua elevata pericolosità sociale è dimostrata, oltre che dalle modalità e circostanze dei fatti, anche dai numerosi precedenti penali (ha riportato condanne definitive emesse a partire dal 1993 da tribunali calabresi e del Nord Italia per tentata violenza sessuale, lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale, tentata estorsione, reati in materia di armi e di droga, evasione, danneggiamento, ricettazione, falsità in atti, minaccia)”.

Per quanto concerne Pinto nell’ordinanza del giudice si evidenzia che, “pur incensurato, si tratta certamente di persona in contatto con ambienti malavitosi di un certo spessore. E’ stato lui il tramite fra le guardie giurate e Messina, e la sua attività di autotrasportatore potrebbe avergli consentito di reclutare mezzi e autisti per l’azione, utilizzando le sue conoscenze nel settore. Ha inoltre dimostrato una discreta scaltrezza, utilizzando un’utenza telefonica intestata ad altra persona, fornendo a Del Vecchio schede telefoniche ritenute sicure e tenendo i contatti con quest’ultimo con molta prudenza e non direttamente”.

Negli interrogatori di garanzia, i primi tre arrestati avevano ammesso le loro responsabilità. “Mi sono reso conto di quanto commesso”, aveva detto Saletti, “mi sono lasciato prendere dall’idea di guadagnare qualcosa a causa delle difficoltà del momento e della necessità di mantenere la famiglia”. Lo stesso Saletti aveva poi parlato di “grosse ingenuità” commesse dal gruppo, e aveva tirato in ballo Del Vecchio. “Aveva svolto attività di portierato alla Carlo Colombo e mi aveva fatto presente che grazie a persone fidate che lui conosceva c’era la possibilità di fare il colpo della nostra vita”. “Alla fine”, aveva aggiunto, “mi ha convinto ad accompagnarlo in un paese sul lago di Garda dove siamo andati con la mia macchina”. Saletti e Del Vecchio avevano incontrato una persona che li aveva accompagnati in una villa. “Qui abbiamo trovato quello che era l’organizzatore e altre due persone. L’uomo che appariva il capo ci disse che ormai tutto era pronto e che le motrici erano già arrivate in zona. Ci rassicurò sul fatto che sarebbe andato tutto bene e che nel giro di pochi giorni avremmo ricevuto una somma in contanti di circa 200.000 euro”. In sostanza, aveva raccontato Saletti, “dovevamo solo garantire l’ingresso in ditta e farci legare”. Nelle settimane successive, le persone che avrebbero dovuto pagare le tre guardie giurate non si erano più fatte vive. “Eravamo sempre più preoccupati”, aveva confessato Saletti, “e alla fine abbiamo compreso che non avremmo avuto niente”.

 

I tre basisti arrestati

Nel suo interrogatorio, Del Vecchio aveva raccontato di aver lavorato alla Carlo Colombo come guardia non armata da più di un anno, fino a quando, alla fine di febbraio, era stato tolto dal turno notturno che faceva con Saletti “perché la Carlo Colombo preferiva avere due guardie armate”. “In pratica”, aveva detto al gip, “avevo perso il lavoro“. Aveva poi confessato di aver conosciuto Antonio Pinto in un bar di Misano Gera d’Adda e che ad entrambi “era sorta l’idea di guadagnare un po’ di soldi”. Del Vecchio aveva poi spiegato dell’incontro in villa con “Francesco, che sembrava il capo. Ci aveva promesso 100.000 euro a testa e altri 50.000 per la terza guardia che doveva essere coinvolta, e cioè Scaratti. Saletti aveva l’incarico di comunicare quanti rimorchi ci sarebbero stati, per portarsi sul posto con motrici necessarie”.

Per quanto riguarda invece le dichiarazioni di Scaratti, la guardia giurata aveva detto di essere stata avvicinata da Saletti che gli aveva anticipato che sarebbe arrivato qualcuno per compiere un furto. “Io mi sono spaventato”, aveva raccontato Scaratti, “mi sono opposto, ho cercato di reagire dicendo che non volevo essere coinvolto in qualcosa di simile, ma Saletti mi ha detto che se non ero d’accordo, che se avessi cercato di impedire l’episodio, qualcuno mi avrebbe bruciato la macchina anche perché sapevano dove abitavo. Sta di fatto che dovuto cedere. Saletti mi aveva comunque promesso una parte di quello che sarebbe stato il ricavato del furto di rame, promettendomi 30- 40.000 euro”.

Grazie anche alle intercettazioni delle comunicazioni avvenute dopo l’arresto delle tre guardie giurate, i carabinieri della Compagnia di Cremona hanno potuto identificare anche gli altri responsabili: il calabrese Francesco Messina, che secondo il gip Salvini ha svolto il  “ruolo di capo nell’organizzazione del progetto” (sua la villa a San Felice del Benaco dove aveva incontrato Del Vecchio e Saletti), e Antonio Pinto,  “colui che aveva inizialmente messo in contatto Messina con le guardie e che aveva poi condotto dei sopralluoghi nella sede della società”.

Subito dopo l’arresto delle guardie, inoltre, come si legge nell’ordinanza, “Francesco Messina ha confessato apertamente al telefono parlando con una persona a lui legata di aver preso parte all’episodio di Pizzighettone”.
“Le intercettazioni svolte prima degli arresti avevano già evidenziato che era proprio su Antonio Pinto che Del Vecchio aveva fatto a lungo pressione per sollecitare la consegna del compenso pattuito e che Pinto, che si era premurato di rifornire Del Vecchio di un telefono e di una scheda ‘dedicata’, aveva per lungo tempo cercato di rassicurare l’interlocutore”. Lo stesso Pinto era anche stato contattato dalla moglie di Del Vecchio che con linguaggio criptico ( si parla di una “torta”) gli aveva chiesto di passare da casa. Pinto, “certamente per ragioni di prudenza”, aveva declinato l’invito.

Francesco Messina è rinchiuso nel carcere di Brescia, mentre Antonio Pinto è stato condotto nel penitenziario di Cremona.

Le indagini non sono terminate. Non sono ancora stati identificati tutti gli autori materiali della rapina.

Sara Pizzorni

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