L'OPINIONE – Elettori in sciopero, vince la delusione
Il boom astensionismo, ampiamente annunciato, è arrivato. Puntuale. Minaccioso. Profetico. Gli italiani, snobbando il primo turno delle Comunali, hanno mandato il loro segnale. Più che una astensione ci è parso uno sciopero. Una protesta. Contro il bla bla della Politica, la pratica del potere; contro i partiti inciucciati dediti più ad interessi personali che al bene comune. Uno sciopero maturato in anni di promesse non mantenute, riforme insabbiate, bugie camuffate di verità, chiacchiere (infruttuose) nei talk show televisivi, parole ambigue, mediocrità dei leaders, dilettanti che stanno nei palazzi da vent’anni.
Ha vinto la delusione. Gli italiani hanno disertato le urne non per indolenza civile o disinteresse ma per senso di inutilità. Tanto cosa cambia? Nulla. Al massimo i partiti cambiano nome, ma le facce sono sempre quelle. E se non restano i vecchi “padrini”, lo scettro passa a loro delfini. Ai numeri due. Anche se hanno 70 anni come Zanda (Cagliari,1942) uno che prima è stato alle calcagna di Cossiga, poi di Rutelli e Franceschini, ed ora è in cattedra con quella sua “faccia antica, da comprimario western” (Aldo Grasso) a tuonare contro i pubblici vizi. Degli altri, naturalmente.
Ha sorpreso l’astensionismo romano, un crollo da record. Con 19 candidati in lizza ed una scheda di oltre un metro per coprire tutte le liste, ci si aspettava l’assalto ai seggi. E’ accaduto il contrario, il flop è stato notevole. Eppure i quattro big in lizza – Alemanno, Marino, De Vito ed il bel Marchini – le acque le hanno mosse. Per Alemanno si è mosso financo Berlusconi, “Arfio” si è catapultato in tutte le tv a cantare Roma alla Venditti , twittando “ la politica è felicità”. Non è bastato.
Certo lorsignori lo sapevano. Sanno l’aria che tira nel Paese.Per questo hanno disertato la campagna elettorale, si sono “distratti” per la paura del flop. Persino Grillo si è mantenuto cauto. Anche i sondaggi hanno taciuto, persino quelli segreti che di solito, alla vigilia di un appuntamento elettorale, i malignazzi fanno scivolare col passaparola fin dentro le redazioni amiche. Epifani e Berlusconi si sono affrettati a dire che, in ogni caso, “il governo non rischia”. Perché è una “tornata che riguarda solo l’8% degli italiani”. Buttali via 7 milioni di italiani, più di cinquecento comuni (ed il Consiglio regionale della Val d’Aosta) chiamati a rinnovare le loro assemblee.
Anche Bologna ha snobbato le urne per il referendum sul finanziamento delle scuole d’infanzia paritarie: solo il 28,7% (85.934) dei 290mila aventi diritto si è recato nei 199 seggi allestititi sotto le Due Torri. Ha vinto il no, ma siccome i votanti erano troppo pochi le paritarie – immaginiamo – sono salve. La sinistra se ne esce con i bernoccoli (Rodotà contro Prodi). E pensare che i referendari erano sicuri di avere in mano il 75% dei voti.
Ora aspettiamoci fiumi di parole, analisi, finti contraccolpi dal voto. Intanto l’economia italiana sta crollando, gli investitori internazionali si ritirano in buon ordine, dall’inizio dell’anno il Paese ha perso più di 31.000 aziende, l’edilizia è alla rovina (le vendite di alloggi sono scese del 29% nel 2012 rispetto al 2011, l’anno della catastrofe), mezzo milione di lavoratori sono in cassa integrazione. E Bruxelles – per la serie l’Europa ci ama – ci vuole sfinire con le tasse. Lassù tramano per vietarci di togliere l’Imu e l’aumento Iva.
Se Letta non alza la voce in Europa – sveglia Enrichetto, siamo pur sempre il terzo contribuente alle finanze comunitarie! – e non rifila una bella randellata al “rigore cieco e crucco”, come faremo ad uscire dal tunnel?
Enrico Pirondini
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