Cronaca

L'altro 25 aprile, le voci del corteo: "La nostra Resistenza"

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L’altro 25 aprile. Le celebrazioni per la Festa della Liberazione non sono state solo fischi e contestazioni alle autorità da parte di un gruppo dei centri sociali che ha ostacolato i discorsi dal palco in piazza del Duomo (leggi l’articolo e guarda il video). In tanti hanno sfilato in modo pacifico, portando bandiere, striscioni, alcuni suonando canti della Resistenza dietro la banda della Città di Cremona e dietro le autorità di Comune e Provincia. Abbiamo raccolto le loro testimonianze, fra cui quella di un partigiano. Tutte parlano di presenza necessaria in questo periodo di crisi, di memoria, di democrazia e di partecipazione. ‘Perché se non ci fosse stata la Resistenza non avremmo la nostra costituzione e la nostra libertà’.

LA NUOVA RESISTENZA DEI GIOVANI: DARE FIDUCIA A QUESTA  ITALIA

Sulla destra Martina Stanga, presidente della Consulta degli studenti

Molto applaudito il discorso finale di Martina Stanga, quinto anno del Manin, presidente della Consulta studentesca provinciale, che ha parlato della nuova resistenza, quella dei giovani. ‘E’ sconcertante.  E’ lancinante dover decidere se restare o andarsene. Entrambe le scelte hanno motivazioni profonde e richiedono molto coraggio e desiderio di mettersi in gioco. Si tratta di restare combattendo oppure di andarsene sbattendo la porta. Questa emorragia di talenti e competenze p forse anche una delle più dolorose e avvilenti degli ultimi decenni… In nodo è tutto qua, che non diciamo vogliamo andarcene, ma dobbiamo. E quel nodo diventa un nodo alla gola, che ti obbliga a fare una scelta con l’amarezza della sconfitta e col rimpianto di non averci provato abbastanza.
Forse, invece che andarcene, dobbiamo restare e resistere, così così come hanno combattuto e sofferto i protagonisti di quella resistenza che ha permesso la liberazione dall’oppressione.
E poi ancora un riferimento alla data storica dell’8 settembre, quando tutti i valori sono stati cancellati per esserne ristabiliti di nuovi il 25 aprile; l’importanza del sacrificio dei partigiani, come Luchino, nome di battaglia Maino, citato nei suoi ricordi della data dell’armistizio: ‘La parola d’ordine era scappare, ma da cosa? Sì dai tedeschi, dalla prigionia, o dal fascismo, ma in fondo fuggivamo via dalla nostra storia, da quel dovere che avevamo rinnegato’.
Scesa dal palco, Martina è stata abbracciata da amici, compagni di studi, parenti e professori. Tutto molto delusi dal fatto che i tanti giovani contestatori non fossero rimasti fino alla fine per ascoltare le parole dei loro coetanei, quelli che avevano scelto di salire sul palco.
‘Capisco il dissenso – ha commentato Luca Burgazzi, ex presidente della consulta, ora tra i giovani del Pd in assemblea nazionale – ma non è questo il mondo di manifestarlo, serve invece il dialogo, la voglia di costruire qualcosa anziché distruggere e basta. Anch’io sento forte il dissidio tra restare ed andarsene dalla’Italia. Se scegliamo di rimanere, io e tanti miei coetanei, è perché crediamo nei valori e nella forza  della comunità e della solidarietà.  Purtroppo la politica non sta dando un buon esempio si sé. Ma occorre impegnarsi per cambiarla, non per distruggerla’.

IL DISCORSO COMPLETO DEL SINDACO PERRI
Concittadine, concittadini, autorità civili e militari, rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma, insegne simboli di storia di sofferenze e di onore, rappresentanti cremonesi dell’Associazione Nazionale Partigiani, dell’Associazione Partigiani Cristiani e dell’Associazione Nazionale Divisione Acqui.
Grazie a tutti voi di essere presenti questa mattina per ricordare, per onorare e per innovare un impegno collettivo per la libertà.
Grazie anche alla Consulta degli Studenti.
La commemorazione del 25 aprile è sempre un’occasione di unità tra le varie componenti delle forze politiche, sociali, militari che si riconoscono nei fondamentali valori comuni sanciti nella prima parte della Costituzione repubblicana: la libertà, la giustizia, il rispetto dell’altro, la corresponsabilità, il ripudio della violenza in tutte le sue manifestazioni.
È la festa di un popolo che si identifica nei valori del Risorgimento e della Resistenza, che tiene saldo il binomio Unità e Libertà. Tenendo viva la memoria di quel giorno, possiamo essere davvero eredi di quegli uomini e quelle donne che lottarono e morirono per la nostra libertà: partigiani sui monti, uomini e donne nei campi di concentramento, in uniforme o nelle carceri, nascondendo profughi e ebrei o sfamando sfollati.
Questa eredità fa del 25 aprile la Festa di tutti gli Italiani.
Con la liberazione dal nazifascismo, il popolo italiano fissava nella storia i tratti fondamentali della propria identità di stato moderno, democratico e repubblicano. La cerimonia di oggi è dunque l’occasione per riflettere sul presente, nel quale abbiamo tutti la responsabilità e il dovere di costruire un furto in cui una concordia operosa consolidi la democrazia e la pace.
A cosa serve avere le mani pulite quando si tengono in tasca? Lo spirito di queste parole semplici ma efficaci di don Primo Mazzolari, il coraggio, la determinazione per un ideale, l’onesta interiore di coloro che lottarono per la liberazione: ecco ciò di cui ha ancora bisogno l’Italia per creare una democrazia solida e una pratica politica ancorata ad un sano spirito di servizio per il bene comune.
Il 68° anniversario della Liberazione cade in un momento difficile e complesso. Mi riferisco non solo alla profonda crisi economica nazionale ed internazionale, ma anche alla preoccupante situazione della politica italiana. In molte circostanze sembra dominare la volontà di dividere più che di unire, di prevalere sugli altri piuttosto che di incontrarsi e di parlarsi con pacatezza ed equilibrio per costruire intese finalizzate a risolvere i veri problemi della gente.
Mi rivolgo ora ai giovani, a partire da quelli presenti in questa piazza: credete nella forza del dialogo, nel valore dell’ascolto dell’altro prima di giudicarlo, della condivisione, della pace, sopra qualsiasi tentazione di risolvere i problemi con l’aggressività, con la violenza, fisica e verbale.
I ragazzi con i quali ho partecipato anche quest’anno al Viaggio della Memoria, che ha avuto come meta principale un campo di concentramento nazista in Alsazia, hanno provato un profondo sconcerto nel vedere i luoghi del male, dell’orrore pianificato e attuato con inconcepibile disumanità.
Sono certo che questa esperienza abbia scritto nei loro cuori il ripudio di ogni violenza e la volontà di testimoniare nella loro vita quotidiana la solidarietà e la pace,il rispetto per l’altro, per la sua persona, per le sue idee, per la sua libertà.
I partiti antifascisti, protagonisti degli eventi che oggi celebriamo, furono la guida ideale della Resistenza, che non si identificò con nessuno in particolare di essi, ma che trovò forza da posizioni diverse, e dai partiti trasse il senso dell’unità e la prospettiva della democrazia da realizzare nell’Italia liberata.
Essere eredi dei valori della Resistenza significa stare prima di tutto dalla parte dei problemi delle persone, in particolare dei più deboli, stare dalla parte del buon senso, non della logica del profitto o solo degli interessi personali; stare dalla parte dei giovani che si impegnano, per loro stessi e per gli altri, nel costruire un presente migliore così come hanno fatto tanti giovani per liberare l’Italia dal dominio nazifascista.
Sono certo che avrebbe condiviso queste parole una persona cara a tutti noi, un amico, scomparso il 18 febbraio scorso: Enrico “Kiro” Fogliazza, partigiano cremonese, simbolo della Resistenza, deputato al Parlamento dal 1953 al 1963. In questi anni l’ho incontrato spesso e abbiamo parlato a lungo. A lui, ai valori per i quali si è sempre battuto è doveroso dedicare un sentito ricordo.
Così come è giusto e doveroso rendere omaggio anche a Giancarlo Brugnolotti e Danilo Barabaschi, i cui nomi, dopo una serie di ricerca condotte dall’Associazione Nazionale Partigiani di Cremona, che ne ha ricostruito la storia e la tragica morte, sono stati da qualche giorno aggiunti all’elenco inciso sulla lapide posta sotto i portici di Palazzo Comunale, dove sono ricordati i cremonesi caduti per la libertà.
Per il loro sacrificio non sia stato vano, è necessario continuare a servire e a difendere ogni giorno la democrazia, la pace e la giustizia, uniti, nel rispetto delle diversità, sotto un’unica bandiera.
Viva il 25 aprile! Viva l’Italia!

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