Cronaca

In arrivo un film con Valeria Golino su Armida Miserere, ex direttrice del carcere cremonese

Nella foto, Armida Miserere e Valeria Golino

Piccola, nervosa, con la sigaretta perennemente accesa, sempre in movimento. Dura, scattante, poco incline alle interviste che toglievano spazio al suo lavoro. Sapeva essere dolce ed appassionata ma anche rigida nel far osservare la disciplina. Per lei, molisana laureata in Criminologia, il carcere restava prima di tutto il luogo dove si espiano le pene e si scontano le condanne con regole precise da osservare. Così ricordo da cronista Armida Miserere, prima direttrice del nuovo carcere di via Cà del Ferro a Cremona dopo il trasferimento da via Jacini. Il 19 aprile 2003, dieci anni fa, la dottoressa Miserere si è tolta la vita a 47 anni sparandosi alla tempia con una calibro 9, la pistola d’ordinanza. Era il Venerdì Santo. Fuori dal carcere a Sulmona, la processione stava attraversando le vie cittadine. Lì lei dirigeva il penitenziario. Aveva scritto una lettera d’addio, preparato gli abiti per quell’ultimo viaggio. Un gesto studiato e voluto, al termine di vent’anni durissimi da direttore carcerario in tutti gli istituti di massima sicurezza: Opera, Voghera, l’Ucciardone di Palermo (dove i mafiosi l’avevano soprannominata “fimmina bestia” nella fase più calda della lotta tra Stato e Mafia), Pianosa con il regime duro del 41 bis ed infine Sulmona.
A dieci anni da quella morte la storia di Armida Miserere diventa un film. Il titolo è “Come il vento” di Marco Simon Puccioni. Armida Miserere sarà interpretata da Valeria Golino. La pellicola è prodotta da Interfilm con  Raicinema.
La storia prende spunto dai diari della direttrice di tanti istituti carcerari consegnati al regista dal fratello di Armida e dal libro di Maria Cristina Zagaria, cronista giudiziaria di Repubblica, dal titolo “Miserere: vita e morte di una servitrice dello Stato”.
La vita di Armida Miserere era stata sconvolta dall’uccisione del compagno, un educatore del penitenziario di Opera, conosciuto nel carcere di Parma. Si chiamava Umberto Mormile, educatore duro e puro, che nel 1990 era stato fatto assassinare da un gruppo di camorristi a cui aveva negato i permessi a pagamento.
“Ho un nome e due tragedie” ironizzava su se stessa Armida Miserere, ricordando il cognome e la storia che si portava addosso.Il racconto del film parte da pochi mesi prima della morte di Mormile fino al suicidio di dieci anni fa.

m.s.

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