Cronaca

Cremona e gli interessi mafiosi 'Ndrangheta fra usura e frode fiscale Perquisizioni e sette avvisi di garanzia

Ndrangheta, frode fiscale e usura. Sono le parole chiave dell’indagine della guardia di finanza di Cremona approdata nella mattinata di mercoledì a sette avvisi di garanzia in giro per l’Italia. L’attività investigativa si è sviluppata dopo l’arresto, nel maggio scorso, di Francesco Frontese, 49 anni, imprenditore cutrese residente nel piacentino, accusato di usura nei confronti di un barista cremonese in difficoltà economiche  – leggi l’articolo. Che fossero attesi sviluppi lo aveva fatto intendere anche il gip Guido Salvini, che aveva sottolineato l’importanza del “contesto in cui è maturata la vicenda” e che “lo scenario retrostante l’episodio appaia connesso a fenomeni anche pregressi di usura sistematica legata ad ambienti della criminalità organizzata”. Nelle scorse ore perquisizioni sono state eseguite tra Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Calabria nei confronti di imprenditori del settore edile e dei trasporti e di professionisti coinvolti in attività usuraie e di frode fiscale, aggravate dalla finalità di agevolare un’associazione mafiosa. Sette gli avvisi di garanzia notificati. Le verifiche hanno proiettato i finanzieri su un giro di reati al di fuori dell’area normalmente di loro competenza, anche se nelle mani degli investigatori ci sono ancora diversi spunti “cremonesi” da approfondire. Di più non è trapelato.

L’inchiesta è coordinata dalla Procura Nazionale Antimafia e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna – fanno sapere le Fiamme gialle – e mira a smascherare fenomeni di criminalità organizzata di matrice ’ndranghetista con base nella provincia di Reggio Emilia, riconducibili ad importanti imprenditori calabresi da tempo stabilitisi in Emilia Romagna. Si parla di personalità vicine ad esponenti della cosca Grande Aracri, con base proprio in Emilia e il cui raggio d’azione (come dimostrato da precedenti indagini sulla mafia calabrese) comprende la zona cremonese.

Un centinaio i finanzieri coinvolti nell’operazione, che ha riguardato le province di Crotone, Cutro, Cremona, Mantova, Verona, Parma, Modena e Bologna.

RICOSTRUITA LA FILIERA CRIMINALE
Nel ricostruire la filiera criminale e l’origine delle somme utilizzate per i prestiti usurai, gli investigatori della finanza di Cremona (guidata dal colonnello Alfonso Ghiraldini, comandante provinciale, e dal tenente colonnello Nicola De Santis, comandante del Nucleo di polizia tributaria) hanno scoperto un network di imprese coinvolte in un vasto sistema di fatture per operazioni inesistenti il cui scopo era quello di creare liquidità sottraendola al fisco per impiegarla nella concessione di prestiti ad aziende emiliane in difficoltà finanziarie, si ritiene anche allo scopo di assumerne il controllo.

LA SVOLTA NELLE INDAGINI
La svolta nelle indagini è giunta quando è emerso che gli imprenditori calabresi, titolari di aziende con fatturati anche milionari, intrattenevano frequenti rapporti con persone risultate appartenere ad organizzazioni mafiose calabresi.

PERQUISIZIONI IN CASA, NELLE SEDI SOCIETARIE, BANCHE, UFFICI POSTALI E SALE GIOCO
Le attività imprenditoriali in alcuni casi – sottolinea la guardia di finanza di Cremona – erano già state colpite da informative antimafia della Prefettura di Crotone per tentativi di infiltrazione mafiosa da parte di gruppi criminali locali. Le perquisizioni hanno interessato, oltre alle abitazioni degli indagati e alle sedi delle società coinvolte, anche banche, uffici postali e sale gioco cui gli indagati ricorrevano per movimentare e monetizzare le risorse finanziarie e tre commercialisti che detenevano la contabilità delle aziende implicate, due dei quali anche con uffici in Calabria.

SETTE AVVISI DI GARANZIA
Ai vertici dell’organizzazione, tutti imprenditori. Notificati, come detto, sette avvisi di garanzia per usura, frode fiscale ed è stata contestata l’aggravante speciale di aver operato con la finalità di agevolare un’associazione di stampo mafioso. Nel corso dell’operazione sono state sentite numerose persone, tra dipendenti di banca e delle poste, e professionisti, per fare chiarezza sui rapporti intrattenuti con gli indagati ed accertare la reale natura delle ingenti movimentazioni di denaro transitate sui conti personali e delle società coinvolte nella frode. Alle indagini hanno collaborato anche i carabinieri del comando provinciale di Modena.

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