Cronaca

"20mila imprese non ce la fanno più" Le associazioni richiamano la politica

“Il 28 gennaio sarà ricordato come un giorno importante per Rete Imprese Italia e per il Terziario: un giorno di mobilitazione nazionale a cui hanno aderito le associazioni provinciali di commercio, artigianato e servizi dell’intero paese. Mai la crisi aveva colpito così pesantemente le nostre imprese. 20mila aziende nella nostra provincia non ce la fanno più a produrre ricchezza, dare lavoro, tirare avanti”. Ecco un passaggio dell’intervento di Claudio Pugnoli, presidente di Confcommercio, che ha preso la parola durante la mobilitazione organizzata da Rete Imprese contro la crisi e per sollecitare la politica ad interventi concreti: “L’attuale portavoce nazionale è il mio presidente Carluccio Sangalli – ha sottolineato Pugnoli – ed è per questo che  i colleghi presidenti provinciali mi hanno incaricato di intervenire anche a loro nome. Ringrazio di questo il presidente di CNA Massimiliano Montani, il presidente di Confartigianato Cremona Massimo Rivoltini, il presidente Associazione autonoma artigiani Cremaschi  Pierpaolo Soffientini, il presidente della libera Associazione Artigiani Marco Bressanelli e il presidente di Confesercenti Gianni Fervari”.

Affollata la Sala Mercanti di Cremona in mattinata (tutto è iniziato alle 10,30 con discorso in streaming di Sangalli). Molte le autorità presenti. Dal sindaco Oreste Perri ai politici e parlamentari del territorio.

“La lunga recessione ha determinato crescenti costi economici e sociali e rischia di prolungarsi anche nel 2013. Per reagire a questa situazione occorre ripartire dalle ragioni dell’economia reale, cioè dalle ragioni delle imprese e del lavoro. Questo significa che politica, istituzioni e forze sociali condividano la responsabilità di mettere in campo scelte e politiche conseguenti”. Questo si legge nel documento nazionale di Rete Imprese dal titolo “Le nostre ragioni”. Tra le strategie prioritarie “per tornare a crescere”: ridurre la pressione fiscale, dare nuovo credito alle imprese, proseguire nell’azione di semplificazione, sviluppare le imprese per lo sviluppo del mercato del lavoro, investire su infrastrutture ed energia per competere.

“Cosa è il terziario in provincia di Cremona lo dicono ancora una volta i numeri. Delle 28.000 aziende attive iscritte alla C.C.I.A.A. più di 20.000 sono riferibili al terziario (72% del totale). Danno lavoro al 61% dei 156.000 occupati della provincia (95.000 addetti) e producono il 60% del Pil del territorio”, ha evidenziato Pugnoli. “Lo scenario negativo – è andato avanti – continuerà anche nel 2013 con una ulteriore flessione per  i consumi reali pro-capite dell’1,4% che riporterà indietro di 15 anni (1998). In flessione anche il reddito disponibile reale pro capite, che nel 2013 sarà di 16.955 contro i 17.337 del 2012 e con una marcia indietro di ben 27 anni. Il conto è salato anche nella nostra provincia: gli occupati tra il 2007 e il 2011 sono diminuiti del 6% e il tasso di disoccupazione, nello stesso periodo, è aumentato dal 3,1 al 5,4% ( i dati 2012 non sono ancora disponibili ma appesantiranno certamente le statistiche) e tante, troppe aziende hanno chiuso i battenti: 471 nelle costruzioni, 474 nel commercio, 44 nei trasporti, 160 nei pubblici esercizi, 288 nei servizi”.

“E le nuove aperture non hanno certo riequilibrato la situazione – ha aggiunto Pugnoli -. Se si restringe poi il campo di indagine alla sola città di Cremona, per le M.P.M.I, il risultato è anche più drammatico. Basta guardare al commercio e passeggiare per le vie del centro e della periferia: i negozi vuoti, le serrande abbassate ci segnalano, nella totale indifferenza delle amministrazioni pubbliche, la gravità e le conseguenze della crisi. I numeri della CCIAA, ancora una volta, lo testimoniano: 78 le nuove imprese e 180 quelle che hanno chiuso”.

E ancora: “E’ necessario allora rilanciare il capitolo delle privatizzazioni e delle cessioni di quote importanti di un patrimonio immobiliare pubblico, stimato nell’ordine di oltre 400 miliardi di euro. Bisogna procedere alacremente, non timidamente, alla riduzione della spesa e all’efficientamento dei servizi pubblici. Va messo in campo un robusto pacchetto di riforme e scelte per la crescita. Per noi, da tempo, la parola d’ordine è innovazione. Deve farlo anche lo Stato, puntando sulla semplificazione, migliorando l’efficienza e riducendo i costi. Meno e migliore spesa pubblica da una parte, e meno evasione ed elusione dall’altra potranno liberare l’economia e sostenere la crescita. Chiediamo, chiunque governi, di aprire una nuova stagione di dialogo che metta al centro della politica economica della prossima legislatura, le istanze di questo sistema di imprese”.

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