Nel 2012 sparite 500 imprese a Cremona Lunedì una mobilitazione contro la crisi Associazioni a politici: 'Invertiamo rotta'
Reddito pro capite è stato eroso quasi del cinque per cento negli ultimi dodici mesi, consumi ridotti di una percentuale analoga, ogni minuto chiude una impresa (centomila nel 2012). Uno stillicidio che sembra inarrestabile. Crescono invece le tasse, con la pressione fiscale legale (quella calcolata su ogni euro di Pil dichiarato) che ha superato il 55%. E gli indicatori economici, di Rete Imprese Italia, di Bankitalia e di altri osservatori prevedono che, nel 2013, la situazione sia destinata ad un ulteriore peggioramento.
Per invertire la rotta, per richiamare l’attenzione della “politica” sul rilancio dell’economia e sui problemi delle aziende del terziario e dell’artigianato, Rete Imprese, come accennato da Cremonaoggi nelle scorse ore, ha proclamato per lunedì prossimo (28 gennaio) una giornata di mobilitazione nazionale. Iniziative sono in programma in tutto il Paese. Anche a Cremona. Confcommercio e Confesercenti, Cna e Confartigianato, Associazione Autonoma Artigiani Cremaschi e Libera Associazione Artigiani, lunedì, alle 10, in Sala Mercanti della Camera di Commercio (via Baldesio), presenteranno il documento sulla giornata di mobilitazione corredato da dati macroeconomici sulla nostra Regione e sulla nostra Provincia.
“VOGLIAMO DENUNCIARE UNA SITUAZIONE DRAMMATICA”
“Vogliamo denunciare – affermano i presidenti delle associazioni di rappresentanza della piccola e media impresa – la drammatica situazione che il nostro sistema di imprese da troppo tempo sta vivendo a causa di una eccessiva pressione fiscale, di un crollo dei consumi senza precedenti, di un difficile e costoso accesso al credito, di una burocrazia esasperante ed onerosa, per citare solo i punti di maggiore criticità. Ragioni che rendono incerto il futuro delle aziende”.
E’ una situazione da allarme rosso. Servono politiche adeguate per il rilancio dell’economia e del Paese.
NEL 2012 SCOMPARSE QUASI 500 IMPRESE
La ripresa non può che passare attraverso le Pmi. Anche in provincia di Cremona, come testimoniano i dati elaborati da Rete Italia, dove il settore garantisce il 60,8% dell’occupazione, un valore tra i più alti della Regione. Su poco più di trentamila imprese, in provincia, quelle del commercio sono quasi settemila, oltre duemila quelle di alloggio e ristorazione, oltre settemila negli altri servizi. Vanno considerate anche le oltre tremilaseicento attività manifatturiere e le oltre cinquemila del settore delle costruzioni.
Un patrimonio che la crisi sta erodendo. Nei primi nove mesi del 2012 il saldo tra cessazioni, nel commercio, e nuove aperture negativo indica un passivo di 135 imprese, di cui 89 sono negozi di vicinato. Solo il comparto delle costruzioni ha dati peggiori (-163 aziende). Nel settore della ristorazione e dell’alloggio ci sono 54 imprese in meno che nel 2011, negli altri servizi 69. Sono scomparse anche 56 attività manifatturiere. Complessivamente, il deficit, arriva quasi a 500 imprese (e bisogna ancora aggiungere i numeri degli ultimi tre mesi). Per invertire la rotta serve una terapia d’urto, servono ambizione e determinazione”. “La politica non metta in liquidazione le imprese”, recita la locandina che promuove la giornata di mobilitazione. Le imprese, proprio perché è a rischio il loro futuro e quello dell’Italia, “non faranno sconti”.
LE PAROLE DEI PRESIDENTI DELLE ASSOCIAZIONI
Dichiarazione di Claudio Pugnoli (presidente Confcommercio)
La situazione economica è drammatica. Le misure per la crescita che non sono state attuate né dai governi precedenti né dall’esecutivo tecnico non possono più attenderci. Le nostre imprese non possono permettersi che si ripeta lo stanco copione di sempre. Il precipizio è sempre più vicino. Lo dicono gli indicatori economici (saldo delle imprese, disoccupazione, accesso al credito, solo per citarne alcuni). Si deve guidare l’economia fuori dalla crisi rimettendola salda sulle gambe. Questo non può avvenire senza le Piccole e Medie Imprese. Anche la giornata di mobilitazione deve essere intesa come una testimonianza concreta della straordinaria vitalità delle nostre aziende. Siamo un patrimonio prezioso per costruire il futuro del Paese. E siamo pronti a continuare a dare il nostro contributo. Qui è rappresentata larga parte di quell’Italia produttiva, cui la recessione non sta certamente facendo sconto alcuno, ma che non demorde, non si rassegna al declino e, ogni giorno, si impegna per costruire lavoro e benessere. Ma quanto potremo fare non è disgiunto dalla capacità di risolvere quelle questioni che oggi condizionano pesantemente il nostro lavoro. Le nostre imprese, ogni giorno, hanno la sensazione di lavorare “contro”: contro uno Stato che impone una pressione fiscale da record mondiale, contro un credito sempre più caro e rilasciato alle imprese con il contagocce, contro una burocrazia opprimente, contro un sistema che impone a noi i sacrifici ma che è incapace di una vera riduzione della “spesa”, contro uno stato che, per noi e per le piccole e medie imprese non prevede, anche nella ultima riforma del lavoro, un qualche ammortizzatore sociale. Sono le ragioni della nostra protesta, per far sentire la nostra voce, per evitare che, ancora una volta, i “piccoli” siano “invisibili” e inascoltati.
Dichiarazione di Massimiliano Montani (presidente Cna)
Anche CNA Cremona è pronta a protestare, unendosi a tutte le altre categorie del territorio facenti parte di Rete Imprese Italia, partecipando all’iniziativa nazionale del 28 gennaio prossimo che è stata organizzata anche a Cremona. Un’iniziativa di quelle che devono lasciare il segno.
Le imprese non devono perdere l’occasione per dimostrare che il loro mondo è forte, compatto, vivace e soprattutto non rassegnato. Con le elezioni politiche alle porte questo è il momento di far sentire la nostra voce, perché adesso non ce la facciamo davvero più e diciamo basta.
I temi economici della piccola e media impresa devono essere affrontati subito perché la situazione è drammatica e il sistema da troppo tempo sta vivendo una serie di criticità insostenibili come l’eccessiva pressione fiscale, il crollo dei consumi senza precedenti, un difficile e costoso accesso al credito, una burocrazia esasperante ed onerosa. Non hanno bisogno invece di essere prese di mira con balzelli nuovi che si aggiungono giorno dopo giorno e che destabilizzano anche gli investimenti e i sacrifici che le nostre imprese stanno facendo negli ultimi anni. Le Imprese sono pronte, come sempre han fatto, a fare la loro parte ma anche la politica è chiamata a dare risposte concrete, sempre più indispensabili per la tenuta dell’economia. Nell’iniziativa del 28 gennaio avremo l’opportunità per lanciare, ancora una volta, dei chiari messaggi alla politica e ai rappresentanti che avranno l’onore di portare le istanze del nostro territorio a Roma. Non c’è bisogno di mettersi a ricordare il quadro economico drammatico e reale che è sotto gli occhi di tutti, ma c’è però bisogno di indicare quali sono le priorità. Le imprese e le persone che compongono le imprese, titolari e dipendenti, vengono prima di tutto e questo deve essere chiaro: abbiamo accettato e pagato una politica di rigore e austerità, che ha aiutato l’Italia a recuperare credibilità. Ora, dal nuovo Governo ci aspettiamo una politica di crescita e ripresa.
Dichiarazione di Massimo Rivoltini (presidente Confartigianato)
I dati sull’andamento dei costi del nostro Paese, che emergono da un approfondito studio di Confartigianato Imprese condotto a fine anno, sono allarmanti. Nel 2012 -la più alta crescita della pressione fiscale nell’ultimo decennio: 2,2 punti. Nel 2013 picco storico della pressione fiscale al 45,3% del PIL. Il debito pubblico supera i 2mila miliardi di euro, salito nel 2012 alla velocità di 187.008 euro al minuto. In otto anni le entrate fiscali crescono di 141,6 miliardi ed ‘assorbono’ pressoché interamente (97,3%) l’incremento del PIL nel periodo. Nel 2013 ai massimi anche la pressione fiscale effettiva, pari al 54,5% del PIL osservato.
E non solo: la spesa pubblica rappresenta più della metà della ricchezza prodotta: nel 2012 le spese totali delle Amministrazioni Pubbliche sono pari al 50,9% del PIL, ben 1,7 punti in più alla dinamica registrata nell’Eurozona. L’Italia è il paese europeo con i più alti tempi medi di pagamento della PA, addirittura superiori di 6 giorni a quelli della Grecia.
Scricchiolii nella sostenibilità del sistema di welfare, con un mercato del lavoro che ha visto gli occupati under 35 crollare del 19,8%. Le tasse spingono i prezzi dei carburanti: l’Italia diventa il 1° paese europeo per costo dei carburanti. Dalla pompa di benzina entrano nelle casse dello Stato 2.650.082 euro all’ora (pari a 44.168 euro al minuto). Nell’ultimo anno gli imprenditori artigiani hanno dedicato alla gestione delle pratiche amministrative 123.811.309 giornate/uomo. Nella legislatura che sta terminando la velocità di complicazione del fisco italiano è pari ad 1 nuova norma con impatto burocratico sulle imprese ogni 6 giorni. E’ una situazione decisamente terrificante per uno Stato “moderno” come il nostro. Un Paese ‘affamato’ di riforme, che non ne può più di caste e lobbies. In tempo di “prediche” elettorali è meglio che i partiti ne tengano conto. Noi non siamo più disposti ad ulteriori esborsi per coprire i “buchi” di altri.
Dichiarazione di Pierpalo Soffientini (presidente Associazione Autonoma Artigiani Cremaschi – Confartigianato Imprese Crema)
Non è stata casuale la scelta del 28 gennaio quale data per questa mobilitazione visto che siamo ormai in piena campagna elettorale. Nonostante il generale clima di sfiducia e di disaffezione l’auspicio è che il mondo della politica legga questa manifestazione come un vero grido di allarme e un invito a mettere al centro le ragioni della piccola impresa, che anche in questo periodo di crisi ha dimostrato di essere l’unica in grado a creare ancora ricchezza ed occupazione, e non solo quella di un sistema politico e pubblico troppo spesso auto referenziale. I nostri imprenditori hanno bisogno di prospettive e crescita, abbiamo bisogno di azioni serie e concrete e non possiamo più permetterci di aspettare se vogliamo salvare il nostro tessuto economico e sociale.
Dichiarazione di Ernesto Fervari (presidente Confesercenti)
Alla fine di un anno di austerità ci troviamo stretti tra un sempre più sensibile impoverimento delle famiglie e un debito sempre più alto. Si sta innescando una spirale di declino per l’intero Paese, da evitare assolutamente. In caso contrario, il debito pubblico diventerà il totem a cui dovremo continuare a sacrificare tutte le nostre risorse: questo vuol dire che non avremo mai i margini necessari per investire nella crescita, nello sviluppo e quindi nel futuro dell’Italia. Il futuro dovrà segnare un’inversione di marcia, con tagli ed ottimizzazioni adeguati, che permettano un calo significativo della pressione fiscale su famiglie e imprese.
Le rilevazioni dell’istituto statistico mostrano un netto peggioramento di una situazione già critica, con una diminuzione sull’anno molto più marcata di quella registrata nel 2011. Un segnale allarmante che restituisce la fotografia di un’Italia dalla cinghia sempre più stretta e priva di fiducia nel futuro. Si sta consegnando una pesantissima eredità al 2013 appena iniziato, anche perché non si vede l’ombra di un intervento fiscale che possa ridare la fiducia che sembra essere sparita anche dai ragionamenti della politica. I segnali allarmanti che arrivano dalle vendite devono essere tenuti debitamente in conto dai partiti, che nella campagna elettorale non dovranno prescindere dalla corretta valutazione della gravità della situazione economica del Paese. Non servono promesse mirabolanti, ma progetti anche urgenti d’intervento.
Dichiarazione di Marco Bressanelli (presidente Libera associazione artigiani di Crema)
Le aziende, anche quelle artigiane, potranno competere sui mercati a una condizione: che la politica, finalmente, metta l’impresa al centro del suo programma di governo, senza più vincoli né pregiudizi. Perché il motore che può favore la crescita, l’occupazione e il benessere sono soprattutto le aziende artigiane. Se cedono loro, sparirebbe il tessuto economico e sociale del Paese.
La politica non venga a tirarci la giacchetta solo in campagna elettorale. Perché oggi più che mai il suo compito è realizzare, insieme al mondo produttivo, un piano industriale del Paese nel quale vengano affrontati i nodi veri dell’economia (alto tasso di disoccupazione, debito pubblico in continua crescita, livelli fiscali ormai insostenibili per le imprese) e si pongano le basi per consentire alle imprese di battersi alla pari con altre nazioni sui mercati.
Per questo serve subito un progetto a breve che scongiuri qualsiasi rischio di default; non bisogna, infatti, dimenticare che l’emergenza in questo Paese non è ancora finita. E serve un progetto a medio-lungo termine perché il manifatturiero in Italia torni ad essere vincente, non il malato da guarire. Gli artigiani si sono sempre assunti le loro responsabilità. Oggi, infatti, stanno lottando contro questa crisi. Qualcuno, purtroppo, ha gettato la spugna. Pochissimi, per fortuna. Altri stanno resistendo. Stringendo i denti. Tengono, nonostante tutto, aperte le loro aziende. Con coraggio. Salvaguardando così il lavoro per i loro dipendenti. Ormai, da cinque anni, gli artigiani e i loro dipendenti stanno tirando la cinghia. Una cinghia sulla quale, però, i buchi si stanno accorciando. Si riprenda lo spirito di 60 anni fa, quando l’Italia intera creò il miracolo economico, con gli artigiani protagonisti dello sviluppo produttivo, sociale e civile del Paese. Faranno ancora il loro dovere. Ma tocca anche e soprattutto ai politici, da subito, mettersi al servizio dei cittadini e delle imprese perché da questa crisi possa uscire un’Italia nuova.
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