Formaggi, dirigenti Galbani in aula: hanno pagato, reato estinto
Formaggi avariati: altra udienza in aula davanti al collegio presieduto dal giudice Pio Massa con a latere i colleghi Andrea Milesi e Francesco Sora. Udienza dedicata ai testimoni della difesa di Domenico Russo, l’imprenditore di Partinico titolare della Tradel di Casalbuttano, dove i prodotti venivano sconfezionati, e dello stabilimento Megal di Vicolungo, dove i formaggi venivano pastorizzati e e lavorati prima della loro immissione sul mercato. Russo è accusato di aver lavorato prodotti avariati, destinandoli al consumo umano. Tra i testi, anche due dirigenti della Galbani, Paolo Cantarelli e Mario Basso. A suo tempo il pm Francesco Messina aveva chiesto ed ottenuto che nel procedimento venissero acquisiti gli atti relativi alle oblazioni e ai patteggiamenti relativi ai fornitori a cui si era pervenuti nelle fasi iniziali della vicenda. I fornitori dovevano rispondere dell’articolo 5 della Legge 283/62 alle sue lettere b, c, d, riguardante la vendita di prodotti che non potevano essere né commercializzati, né smaltiti, o la vendita di prodotti destinati ad uso zootecnico. Alcuni avevano scelto l’oblazione, versando una somma di 69.721 euro, mentre altri avevano seguito la strada del patteggiamento, corrispondendo un importo di 20.000 euro. Con l’oblazione, di fatto il reato si è estinto. In merito all’altra accusa di adulterazione di sostanze alimentari, invece, la posizione di tutti i fornitori era stata archiviata. Per la Galbani, i dirigenti Basso e Cantarelli avevano optato per l’oblazione.
Cantarelli, fino al 2004 direttore degli stabilimenti Galbani, ha parlato dei “rapporti commerciali di consegna di prodotti con la Tradel”. “Dagli stabilimenti Galbani”, ha spiegato il teste, “si trasferiva il prodotto che però necessitava di essere selezionato. Era, in sostanza, prodotto che poteva essere non idoneo alla vendita per via di difetti di produzione, come ad esempio differenze di peso”. A questo punto è intervenuto il pm Messina: “il prodotto inviato a Tradel era avariato ?. Riportava muffe, inchiostri o plastica ?”. “Il prodotto poteva essere o nudo, oppure confezionato”, è stata la risposta di Cantarelli. “In questo caso è l’attività di confezionamento che poteva mettere in contatto il prodotto con eventuali inchiostri”. Il pm ha incalzato: “E’ vero che ha pagato 70.000 euro per chiudere il procedimento ?”. Il teste ha ammesso, dopodiché Messina ha aggiunto: “si ricorda l’accusa che vi era stata contestata ?”. Imbarazzo del dirigente Galbani. Ancora Messina: “vi era stato contestato che i prodotti erano di qualità talmente infima da essere fuorilegge”. Risposta: “gli eventuali processi di alterazione non avvenivano nei nostri stabilimenti”.
In aula è stata sentita anche la testimonianza di Mario Basso, dal 2004 coordinatore industriale della Galbani. “Nella primavera del 2006 ero stato incaricato di seguire i flussi del prodotto verso Tradel. In pratica Galbani cedeva a Tradel un surplus di prodotto che Galbani destinava alla fusione. La Tradel lavorava anche provoloni per conto di Galbani”.
Sul banco dei testimoni anche Stefania Massa, veterinaria responsabile dell’autocontrollo della Megal, che nel procedimento ha già patteggiato due anni, pena sospesa. La testimone ha dichiarato di aver effettuato analisi, principalmente sugli agenti patogeni. “Le analisi”, ha detto, “hanno sempre dato esiti negativi”. “La merce”, ha raccontato la Massa, “non veniva solo da Tradel, ma anche da altri fornitori. Con la nostra lavorazione si otteneva un semilavorato che sarebbe finito in un’altra azienda per essere soggetto ad ulteriore lavorazione”. “Si ricorda contestazioni di clienti su prodotti contenenti materiale plastico o ferroso ?”, ha chiesto il pm. “Sì, è successo che un cliente destinatario abbia rinvenuto pezzi di plastica e fili di ferro nel formaggio”, ha risposto la veterinaria. “Noi facevamo le prove, ma a volte c’erano discrepanze tra quello che diceva un cliente e quello che trovavamo noi”. Atra domanda del pm: “buona parte dei prodotti venivano da Tradel ? Lei li visionava ?”. Risposta: “il 70% dei prodotti arrivava da Tradel. A volte c’erano muffe, e allora in questi casi il prodotto veniva pulito e si asportava la parte con le muffe. Il resto veniva lavorato e pastorizzato”.
Gli atti del processo in corso raccontano che alla Tra.De.L Domenico Russo raccoglieva dai fornitori sottilette, mozzarelle, stracchino e prodotti invenduti o scaduti anche da mesi, come anche croste di gorgonzola che per legge andavano smaltite o destinate all’uso zootecnico. I formaggi si sconfezionavano meccanicamente per ottenere una pasta omogenea in cui erano stati trovate anche confezioni di mozzarelle e inchiostri. La pasta semilavorata finiva alla Megal, dove veniva lavorata e sottoposta, non sempre, a trattamento termico, per poi essere confezionata e rivenduta in Italia e all’estero. Gli atti raccontano di una “costante e abituale pratica aziendale, consolidata e accettata anche nei rapporti con clienti e fornitori, relativa alla adulterazione e alla contraffazione dei prodotti lattiero caseari trattati, miscelati e fusi con sostanze per le loro qualità concretamente pericolose per la salute umana”.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 16 aprile per sentire altri cinque testi della difesa. Gli imputati Russo, Bosio, e i veterinari Crotti, Balestreri e Chittò hanno espresso la volontà di essere sentiti.
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