Ai cinesi l'edicola del CremonaPo: settore in crisi
foto Sessa
Anche l’edicola diventa multietnica. E’ infatti diventata cinese da qualche giorno, una delle rivendite di giornali a maggior fatturato, quella nel centro commerciale CremonaPo. Il vecchio proprietario ha smantellato il 5 gennaio e a giorni subentrerà una famiglia di nazionalità cinese. E’ questa la seconda rivendita di giornali acquistati da titolari originari della Cina, l’altra annessa ad un bar è in un paese alle porte di Cremona. Come spesso accade anche per altri settori, i cinesi pagano cash, a volte aprono senza parlare bene l’italiano, ma imparano in fretta e riescono a sopravvivere alla crisi.
L’edicola del centro commerciale Ipercoop fa notizia perchè è una delle più grandi come superficie e perché ha sempre venduto parecchi giornali e non solo. Spesso, infatti, il crollo delle vendite della carta stampata fa il paio con il boom delle vendite di altri prodotti (dvd, cd, libri e figurine) per cui l’edicolante riesce a cavarsela (con fatica), anche se il lavoro è di grande sacrificio.
E, infatti, la crisi nel campo delle edicole è davvero forte. Internet, freepress e sempre meno tempo da dedicare alla lettura sono sicuramente fattori che stanno da tempo mettendo in crisi la filiera editoriale, in primo luogo le rivendite di giornali. Si calcola che in città siano almeno una decina quelle in vendita, in centro e in periferia. Ad esempio, da tempo sono sul mercato una edicola in Galleria 25 Aprile, una di quelle a Porta Venezia, la rivendita di giornali di via Baldesio. Una situazione problematica che non riguarda solo il territorio cremonese. Si calcola, infatti, che in Italia lo scorso anno abbiano chiuso 5mila edicole, 10 mila negli ultimi 5 anni mentre almeno 30mila risultano in vendita.
In questo panorama di crisi del settore, insomma, le edicole – come già succede in molte della metropolitana milanese – potrebbero essere la nuova difficile frontiera del commercio cinese che ha, da parte sua, grossi capitali iniziali da poter investire.
Foto Francesco Sessa
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