Cronaca

L'identità di Cremona nel Novecento, mostra di fotografie dei Faliva

“Le città – ha osservato Fernand Braudel –  sono libri viventi in cui le civiltà hanno scritto la loro storia”.  Il contesto urbano è al  tempo stesso prodotto dell’identità di una comunità e generatore del senso di appartenenza. La mostra fotografica Cremona e i cremonesi – che sarà inaugurata domenica 23 dicembre alle 17 (presenti i fotografi Roberto e Giuseppe Faliva, il curatore del catalogo Alberto Faliva, Giorgio Bonali e Mario Silla) e resterà aperta fino al 12 gennaio presso la libreria Cremonabooks, in largo Boccaccino 12  – riscopre, attraverso le immagini dell’archivio fotografico di Angelo, Giuseppe e Roberto Faliva, l’identità della città nel Novecento.

Dal 1910  quello dei Faliva è, infatti, uno sguardo indiscreto e sincero, capace di posarsi nelle pieghe di una sonnacchiosa città di provincia per costruire una avvincente trama di immagini da conoscere e dove riconoscersi. Sono frammenti di un discorso che coinvolge senza soluzione di continuità sia le star salite alla ribalta dei palcoscenici internazionali che i gesti, i volti e gli spazi della vita quotidiana. È per questo, in fondo, si scopre che la grande Mina è fatta della stessa pasta delle bagnanti in riva a Po e dell’uomo col cappello di paglia immortalato fra le stanghe di un carro.

“La differenza  – scrive Servio Vicini nell’introduzione al catalogo – è che la voce della Tigre di Cremona è stata capace di bucare la cappa pesante come l’afa che avvolge la città e ha parlato al mondo intero. Mentre le altre figure sono rimaste umilmente a formare il tessuto delle nostre radici”.

E come dimenticare il sorriso sornione di Ugo Tognazzi? Un sorriso che stampato sulle fotografie scattate in città riverbera quello inciso sulle pellicole. Solo che, nella dimensione cremonese, il grande attore sembra fiutare il proprio ambiente, la propria gente e riconoscersi come parte integrante di una storia collettiva, di una dimensione schiettamente popolare.

Se poi ci si sofferma a guardare le foto dei bambini, ci si ritrova avvolti dalla patina del tempo: è la sensazione di rivivere qualcosa, è l’immagine catturata decenni fa che riaffiora nella memoria; è quella sensazione di “già visto” che non nasce dal plagio del fotografo, ma dalla sua capacità di trasmettere un vissuto collettivo, di trasformare una posa fotografica nell’icona immediatamente riconoscibile da parte di una comunità.

Le foto di Faliva, mai banali o scontate, nella loro semplicità sono talmente dirette da rappresentare ciò che eravamo ed in parte siamo ancora. Basta guardare le foto della “1000 miglia” con le automobili circondate dalla folla, oppure quelle di Fausto Coppi e Gino Bartali, venuti a Cremona a “incrociare” le ruote in un duello epico, realizzato brandendo l’uno contro l’altro le armi affilate del loro mito. Ma, restituite le biciclette ai meccanici, eccoli seduti uno vicino all’altro, con al centro una gloria del ciclismo nostrano.

E nostrane sono pure le contestazioni. Ali di folla che sorreggono cartelli “fatti in casa”, con parole d’ordine che inneggiano a ideali e utopie oggi difficili da decifrare. A pensarci bene, sono proprio quei cartelli a segnare uno stacco temporale fra il passato delle fotografie e il presente degli occhi che le osservano: i volti sono sempre gli stessi, sono quelli della nostra gente, ma le parole hanno un sapore innaturale, suonano false, forzate.

Anche questo testimoniano le foto di Faliva: i tratti della storia recente di Cremona, sospesa fra l’ingenuità cristallina di chi si specchia in una rivalità ciclistica fra due miti in grado di sfidare il tempo e l’ingenuità fosca di chi avrebbe voluto cambiare il mondo a forza di slogan che oggi hanno perso ogni significato.

La città evolve, come è del resto inevitabile, perché cambiano gli uomini e la società; mutano le abitudini, il modo di relazionarsi con gli altri e con se stessi, il modo di lavorare, di riposare, di divertirsi, di curarsi, di spostarsi, di intendere e di programmare la propria vita, di progettare il futuro.

Ecco dunque che è l’uomo il centro, il fulcro, il “focus” di questa nuova dimensione sociale, di cui la città è crocevia e intersezione. Ma proprio per questo le immagini di Faliva, restituendo la storia di Cremona, raccontano ciò che siamo, lasciando assaporare il gusto della nostalgia di un presente che scivola inesorabilmente nel passato.

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