Cronaca

Acqua, il ricorso è al Tar per l'annullamento della delibera del Cda dell'Ato sul modello misto Continua il braccio di ferro

Acqua. Presentato oggi il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sezione staccata di Brescia) contro la delibera dell’Ato dell’11 ottobre 2012 che adotta il servizio misto (pubblico-privato) per la gestione del servizio idrico. Firmatari i comuni di Torre de’ Picenardi, nella persona del sindaco Mario Bazzani, di Motta Baluffi, nella persona del sindaco Giovanni Vacchelli, e San Daniele Po, nella persona del sindaco Davide Persico, rappresentati dall’avvocato del Foro di Cremona Antonino Rizzo. La richiesta del ricorso è quella di annullamento della deliberazione del’11 ottobre 2012 da parte del Consiglio di Amministrazione dell’Ato, avente per oggetto “Adozione documento di aggiornamento del piano d’ambito di cui alla propria deliberazione n. 7 del 15 novembre 2011” e di tutti gli atti presupposti, preliminari e comunque connessi.
Le contestazioni dei tre Comuni sono state elaborate in merito sia a modalità, sia a contenuto della determina, facendo leva sul referendum votato dagli italiani il 12-13 giungo 2011, in particolare sul primo quesito che aveva per oggetto le modalità di gestione del servizio.
Secondo la legge la proposta di aggiornamento del Piano d’ambito e la proposta di modello gestionale devono seguire il seguente iter  procedimentale:
-approvazione di una proposta da parte del Consiglio di Amministrazione dell’Ufficio d’ambito;
-espressione di un parere, obbligatorio e vincolante, da parte della conferenza dei Comuni facenti parte dell’ambito territoriale ottimale;
-adozione formale da parte del Consiglio di Amministrazione dell’Ufficio d’ambito;
-invio alla Regione Lombardia per l’espressione di eventuali osservazioni nel termine perentorio di 60 giorni;
-approvazione da parte del Consiglio provinciale, preceduta dall’esame preliminare della Giunta e dal passaggio nelle Commissioni consiliari competenti.
La deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Ufficio d’ambito – secondo i tre Comuni – è illegittima per:
– violazione dello norme statutarie che disciplinano il funzionamento del Cda. Il primo comma stabilisce che l’avviso di convocazione per le adunanze del Consiglio deve essere recapitato ai componenti, nonché all’organo di revisione, almeno 5 giorni prima della riunione. Il terzo comma, invece, prevede che il Consiglio possa essere convocato con preavviso di soli 3 giorni, in casi di comprovata urgenza, con l’obbligo di indicare nell’avviso di convocazione il motivo dell’urgenza. La stessa norma specifica inoltre che “non può essere invocata l’urgenza per l’approvazione degli atti fondamentali”.
Nel caso della delibera di approvazione del Piano d’Ambito, il Consiglio di Amministrazione, stando al ricorso, è stato convocato, per il giorno 11 ottobre 2012, con avviso datato 5 ottobre. All’ordine del giorno erano previsti undici diversi oggetti ma, fra di essi, non era inclusa la adozione del documento di aggiornamento del piano d’ambito che è oggetto della deliberazione impugnata. Solo con invito datato 9 ottobre, veniva aggiunto, all’ordine del giorno, l’oggetto 4 bis, riguardante la “adozione documento di aggiornamento del piano d’ambito di cui alla propria deliberazione n. 7 del 15 novembre 2011”. Con due giorni di preavviso, anziché tre, senza l’indicazione di particolari ragioni d’urgenza.
– violazione della legge regionale che prevede che l’Ato debba acquisire il parere obbligatorio e vincolante della conferenza dei Comuni dell’Ato. “L’espressione del parere da parte della Conferenza dei Comuni – si legge nel ricorso – è stata decisamente faticosa”. Le tappe riproposte nel documento di Rizzo sono l’assemblea dei sindaci del 12 dicembre 2011 in cui i primi cittadini proponevano al Cda Ato di provvedere alla revoca degli atti concernenti la proposta di aggiornamento del Piano d’Ambito, e quella del 16 dicembre, chiusa dal presidente sul presupposto della mancanza del quorum deliberativo della metà più uno della popolazione dei Comuni inseriti nell’ambito. “Che vi sia stata – è scritto nel ricorso – da parte dell’Ufficio d’ambito, una forzatura per eludere il parere negativo (ma vincolante) della conferenza dei Comuni, risulta anche dalla deliberazione in data 14 dicembre 2011 del Consiglio di Amministrazione, con la quale veniva respinta la proposta della conferenza dei Comuni, di cui si è detto in precedenza, e con la quale era stato richiesto di revocare la proposta di aggiornamento del piano d’ambito e della definizione del modello di gestione”.
– difetto di motivazione della delibera. “il Consiglio di Amministrazione dell’Ufficio d’ambito – è nel ricorso – avrebbe dovuto motivare in modo rigoroso le ragioni che consigliavano di escludere l’affidamento in house, o altre forme di affidamento, a favore dell’ingresso di privati nella società di gestione. Ed è appena il caso di rilevare che di una siffatta motivazione non vi è traccia nel provvedimento impugnato. D’altra parte non si vede per quale ragione un privato dovrebbe investire nel servizio idrico integrato, acquisendo una quota di minoranza della società affidataria del servizio, atteso che, a seguito del referendum del 12/13 giugno 2011, è stata esclusa la possibilità di remunerazione del capitale investito”.
– violazione del Codice dell’Ambiente, in riferimento ad un passaggio del Piano che ritiene che la adeguata remunerazione del capitale investito possa essere introdotta nella tariffa nonostante il referendum.

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