Cronaca

Tamoil, battaglia di peritiL'inquinamento è datato oppure è tutt'ora in corso?

Nella foto, a sinistra il giudice Guido Salvini, a destra gli avvocati di Tamoil (Foto di Francesco Sessa)

Parola ai consulenti, oggi, nel processo sull’indagine “madre” della Tamoil relativo all’avvelenamento della falda acquifera da idrocarburi, causato, per l’accusa, dalla raffineria cremonese. Il processo davanti al giudice Guido Salvini si celebra con il rito abbreviato, così come era stato chiesto dagli avvocati della difesa. Un rito condizionato all’esame dei consulenti tecnici della difesa in  contraddittorio con gli esperti del pm Fabio Saponara e i tecnici proposti dalla parte civile.

Oggi sono stati ascoltati Daniele Arlotti, della Foster Wheeler Italiana, consulente della difesa, e Vladimiro Bonamin, esperto ambientale del pm.
In aula si è discussa esclusivamente la parte relativa all’inquinamento. I due consulenti hanno illustrato i risultati delle indagini, i cui esiti, secondo gli avvocati della difesa, “non sono tanto differenti tra loro”. Per i legali di Tamoil, le origini delle cause dell’inquinamento sono in “gran parte storiche” e riconducibili all’attività petrolifera. “Non ci sono prove dirette che l’inquinamento sia storico”, hanno puntualizzato i difensori, “ma ci sono molti elementi che lo possono far ritenere”. Nel suo intervento, hanno ricordato i legali, “anche il consulente del pm ha riconosciuto l’attività portata avanti da Tamoil in questi anni e che la barriera idraulica ha funzionato perfettamente. L’esperto ha parlato di ‘gestione incomiabile’”. “C’è comunque un inquinamento”, hanno ammesso i difensori, anche se il consulente di Tamoil ha sottolineato che per le aree interne è stata effettuata una “messa in sicurezza operativa”, mentre per quelle esterne “non c’è mai stato alcun obbligo di bonifica”, ma “un intervento volontario che Tamoil sta facendo, in accordo con le società canottieri, per migliorare la situazione”.

Per le parti civili hanno parlato gli avvocati Gian Pietro Gennari e Claudio Tampelli: “è stata confermata anche oggi l’esistenza dell’inquinamento sia delle aree interne che di quelle esterne, un inquinamento che si è protratto anche durante la gestione Tamoil, iniziata nel 1986”. I legali di parte civile hanno ricordato che la raffineria si era autodenunciata nel 2001 per l’inquinamento, “seppur limitatamente alle sue aree di pertinenza”. “Anche dai consulenti”, hanno aggiunto i due legali, “è emerso che non si può escludere, vista la presenza di antidetonanti inseriti nelle benzine, che l’inquinamento si sia prodotto oltre il 2001 e sia ancora in corso”. Gennari e Tampelli hanno ricordato che “non sono mai state fatte indagini esterne a Tamoil, sia nella loro proprietà, e cioè al Cral Tamoil, che nell’area di interregno compresa tra l’argine e la Bissolati”.

Sulla richiesta, ormai tardiva, del Ministero dell’Ambiente di costituirsi parte civile è intervenuto Sergio Ravelli, segretario dell’Associazione radicale Piero Welby. “Al peggio non c’è mai fine”, scrive Ravelli in una nota. “Speravamo che il governo dei cosiddetti ‘tecnici’ ci avrebbe portato, oltre che un maggiore rigore nella spesa pubblica, anche una maggiore efficienza amministrativa. E invece no. Purtroppo la burocrazia ministeriale, a volte, è più forte di qualsiasi volontà politica”. “Il Ministero dell’ambiente”, scrive Ravelli, “decide di costituirsi parte civile nel processo a carico dei responsabili Tamoil, ma arriva con tre mesi di ritardo, fuori tempo massimo. La comunicazione data oggi dal giudice Salvini in apertura della prima udienza del processo Tamoil ha lascato tutti sbalorditi. Per quanto mi riguarda, oltre allo stupore, il sentimento prevalente è quello dello sdegno. Dopo il Comune di Cremona, anche il Ministero dell’ambiente ha perso una grande occasione per tutelare concretamente gli interessi della comunità cremonese e del suo territorio”.  “A noi cittadini” conclude, non resta quindi che agire in giudizio attraverso la costituzione di parte civile di Gino Ruggeri che sostituirà in quella sede il Comune di Cremona, soggetto danneggiato. Non ci facciamo illusioni. Conosciamo molto bene lo stato in cui versa la Giustizia nel nostro paese, ma il nostro senso civico e il nostro attaccamento a questa città ci spingono, ancora una volta, a non mollare”.

Le parti civili

Nel processo si sono costituiti parte civile tre soci della canottieri Flora e uno della Bissolati, tutti rappresentati dall’avvocato Vito Castelli, il Dopolavoro ferroviario (1.800 soci effettivi), rappresentato dall’avvocato Annalisa Beretta, altri 26 soci della canottieri Bissolati, tra cui anche i radicali Sergio Ravelli ed Ermanno De Rosa, tutti assistiti dagli avvocati Gian Pietro e Monica Gennari, Claudio Tampelli e Vito Castelli, e Legambiente, attraverso l’avvocato di Milano Ilaria Ramoni. Parte civile è anche il cittadino cremonese Gino Ruggeri, tesoriere dell’Associazione Piero Welby, rappresentato dall’avvocato Giuseppe Rossodivita (oggi sostituito dall’avvocato Alessio Romanelli), che, in base a quanto recita l’articolo 9 del testo unico degli enti locali, intende difendere gli interessi della collettività, vista la rinuncia del Comune di Cremona a costituirsi parte civile nel procedimento. Nessun’altra comunicazione, dopo l’interesse iniziale a costituirsi parte civile, è arrivata dal Ministero dell’Ambiente.

Chi sono gli imputati

Cinque gli imputati dell’inchiesta “madre” sull’inquinamento ambientale delle falde acquifere da parte della raffineria Tamoil. Si tratta di Mohamed Saleh Abulaiha, libico, direttore generale della Tamoil Raffinazione dal 2007, Ness Yammine, libanese, amministratore delegato dal 2006 della Tamoil Raffinazione e amministratore delegato e direttore generale della Tamoil Italia (le loro posizioni sono state stralciate per un vizio di notifica), Giuliano Guerrino Billi,  di Cremona, amministratore delegato della Tamoil Raffinazione dal 1999 al 2001 e della Tamoil Italia dal 1999 al 2004, Enrico Gilberti, di Robecco d’Oglio, amministratore delegato dal 2001 al 2004 della Tamoil Raffinazione e di preposto dal 1999 al 2006 e dal 2007 in poi, e Pierluigi Colombo, di Abbiategrasso, direttore generale della Tamoil Raffinazione nel periodo 2006/2007. Abulaiha è difeso dagli avvocati Simone Lonati e Alberto Alessandri, Gilberti dagli avvocati Riccardo Villata e Carlo Melzi d’Eril, Billi e Colombo da Melzi d’Eril, mentre Yammine dai legali Giacomo Lunghini e Alessandro Della Chà.

I reati contestati

L’accusa è di non aver adottato idonei interventi di messa in sicurezza di emergenza per bloccare lo sversamento al suolo di sostanze inquinanti penetrate nel terreno attraverso “forme abituali di gestione illecita di rifiuti, incidenti, perdite dai serbatoi e dalla rete di raccolta delle acque”. Nel capo di imputazione si contesta la mancata attivazione al fine di “accertare l’effettiva esistenza del cosiddetto taglione lungo l’argine maestro del fiume Po che avrebbe dovuto impedire la migrazione delle sostanze inquinanti, attraverso la falda, oltre i confini della raffineria”, accettando in questo modo “il rischio di avvelenare le acque della falda superficiale, intermedia e profonda, aumentandone il grado di contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti anche nelle aree circostanti al di fuori del perimetro della raffineria. In particolare, nelle comunicazioni inoltrate alla Regione Lombardia, alla Provincia e al Comune di Cremona nel marzo del 2001 per la Tamoil Petroli e per la Tamoil Raffinazione, Gilberti e Billi dichiaravano che non sussistevano i presupposti per interventi di messa in sicurezza di emergenza, quando invece il sito della raffineria si presentava già pesantemente inquinato quanto alle acque di falda e al suolo”.
“Le aziende sceglievano di non dare sollecito corso né alle specifiche richieste del Comune di Cremona, con cui si chiedeva la verifica dell’inquinamento anche delle aree esterne alla raffineria e di accertare la sussistenza della barriera naturale dell’argine maestro del fiume Po, né a quelle di Arpa, che richiedeva dettagliata indicazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza con conseguente grave e consapevole ritardo nell’adozione di soluzioni tecniche atte a limitare e a contenere l’avvelenamento delle acque e l’inquinamento del suolo entro i confini della raffineria. Solo nella prima decade del luglio del 2007 veniva messa in funzione la prima pompa stimme della barriera idraulica che consentiva di emungere dalla falda il prodotto surnatante (al 27 febbraio del 2009 ben 690 mc) e contenere un’ulteriore espansione dell’inquinamento della falda sottostante l’area golenale al di fuori del sito Tamoil, specialmente nell’area sud ovest, esterna alla raffineria, denominata alveo ex Riglio, gravemente contaminata: il suolo fino a 10 metri di profondità si presentava fortemente inquinato per presenza di idrocarburi, benzene e piombo; le acque della falda superficiale ed intermedia risultavano non conformi ai parametri e concentrazioni di legge per contaminazione da idrocarburi totali, BTEX (benzene, toulene, etilbenzene e xilene), MTBE, ferro, vanadio, cadmio, piombo tetraetile, manganese, composti organici alogenati. In particolare, a seguito dei prelievi del 13 luglio del 2007, si accertava che presso le canottieri Bissolati, Flora, Cral Tamoil, Dopolavoro Ferroviario e Baldesio le acque destinate al consumo e all’utilizzo umano, pozzi dai 40 ai 140 metri, piscine e acqua del rubinetto della cucina presentavano parametri difformi quanto alla presenza di idrocarburi totali e metalli pesanti. Inoltre alla Bissolati il pozzo di 41 metri presentava una notevole concentrazione di benzene, sostanza altamente tossica per la salute umana”.
I soli Gilberti, Yammine e Abulaiha devono anche rispondere di delitto colposo e di disastro doloso (entrambi reati puniti con la reclusione da uno a cinque anni) per fatti accaduti a Cremona tra il maggio e il giugno del 2008. “In cooperazione colposa tra loro, non prevedendo, per imprudenza ed imperizia, la dispersione nell’ambiente di vapori esplosivi, non adottavano tempestivamente misure di sicurezza idonee ad aspirare i gas infiammabili sprigionatisi dal sottosuolo, gravemente contaminato per la presenza, nel suolo e nella falda superficiale, di idrocarburi, con conseguente grave e concreto pericolo di esplosioni che avrebbero messo a repentaglio la pubblica incolumità. In particolare, i rilievi effettuati dai vigili del fuoco registravano alla Bissolati la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni sia nei pozzetti dei sottoservizi, sia negli edifici adibiti a preparazione e consumazione pasti; alla canottieri Flora la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni all’interno dei pozzetti dell’impianto elettrico di terra nel parcheggio interno; nello spazio libero adiacente il Circolo Cral Tamoil e l’abitazione di Mario Manzia la presenza di miscela infiammabile con elevate concentrazioni in corrispondenza di un pozzetto dei sottoservizi elettrici, mentre al Circolo Cral Tamoil la presenza di vapori esplosivi in condotti di servizio e pozzetti d’ispezione; situazioni che imponevano all’autorità comunale l’adozione di ordinanze di divieto di accesso ai circoli ricreativi e il distacco cautelativo dell’energia elettrica per evitare che scintille elettriche potessero provocare esplosioni”.

Sara Pizzorni

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...