Agronomo asfissiato dall'azoto, ma per la difesa è stato un infarto
Colpo di scena in aula al processo nei confronti di Pietro Dordoni, legale rappresentante della Abs Italia, accusato di omicidio colposo per la morte dell’agronomo cremonese Cesare Franzini, 38 anni, agente di commercio che lavorava per conto della società. Per i consulenti della difesa, sentiti oggi in udienza dal giudice Pio Massa, Franzini sarebbe morto di infarto, e non, come invece sostenuto dall’accusa, per esalazioni di azoto liquido. “Franzini era abituato a trasportare in auto contenitori pieni di azoto”, ha detto Roberto Testi, direttore dell’Istituto di medicina legale di Torino, “non esiste un caso in cui qualcuno che trasportava contenitori d’azoto sia morto”. “E’ vero che l’azoto è pericoloso”, ha continuato il medico legale, “e che ci sono delle norme di sicurezza, ma non è tossico. Diventa pericoloso solo in determinate condizioni. Qui il problema è di una eventuale mancanza di ossigeno”. Testi ha poi parlato di una “preesistente patologia cardiopatica”. A parte le cause della morte, che quindi sarebbero da attribuire ad un arresto cardiaco, per l’altro esperto della difesa, Paolo Centola, professore di Ingegneria Chimica al Politecnico di Milano, “non c’erano concentrazioni di ossigeno pericolose all’interno dell’abitacolo”. Si torna in aula il prossimo 7 marzo per ascoltare gli ultimi cinque testimoni della difesa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA