A Cremona la Ztl è al contrario e i bus sono a gasolio
A Milano, nell’“Area C”, tanto discussa per il suo rigore contro il traffico, si è ottenuto un abbattimento del 40% del “black carbon” (il composto presente nel particolato fine più tossico e nocivo per la salute umana). I controlli sono attivi dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 19.30 , mentre l’accesso è libero nei giorni festivi e nella fascia oraria dalle 19.30 alle 7.30. A Cremona, l’esatto contrario: i varchi elettronici delle ZTL e Aree Pedonali, ossia quelle telecamere che riprendono gli accessi dei veicoli per multare chi non è autorizzato, sono in funzione tutti i giorni dalle 19 alle 9: tutte le notti, ovvero quando i cremonesi sono a dormire.
Il Comune di Milano per l’ingresso in quell’”Area C” aveva già stabilito che: «Hanno divieto di accesso e transito i seguenti veicoli: diesel Euro 0, 1, 2 ed Euro 3 senza filtro antiparticolato, benzina Euro 0, con lunghezza superiore a 7 metri». A Cremona, anche dopo la comunicazione del 12 giugno scorso dello IARC/OMS (International Agency for Research on Cancer/Organizzazione Mondiale della Sanità) in cui si è dichiarato che le emissioni dei motori diesel sono “certamente” cancerogene, c’è chi teme, anche tra qualche ambientalista, il “furore” del popolo se si chiede al Comune la messa al bando in città di ogni mezzo pubblico a gasolio, quindi anche dei bus della “partecipata” KM, e il divieto del transito a quelli privati con questo propellente.
Una notizia, si direbbe, da non prendere sottogamba, anche visto che il Codacons, Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori, ha addirittura presentato un conseguente esposto alla Magistratura: «In 45 città italiane si registra un eccessivo sforamento alle soglie limite giornaliere di Pm10 nell’aria imposte dalle norme, soglie che non possono essere superate per più di 35 giorni all’anno». Precisa quindi che le Regioni e i Comuni, pur essendo obbligati a monitorare costantemente gli agenti inquinanti e conseguentemente ad adottare tutte le misure necessarie atte ad evitare i gravissimi danni per la salute, «continuano a non tutelare la salute dei cittadini, con la conseguenza che oltre 8.500 persone muoiono ogni anno in Italia a causa dello smog». In fin dei conti un dato molto prudente, visto che l’OMS e la Commissione europea denunciano numeri molto più alti.
Questa associazione suscita invece qualche sospetto di strumentalizzazione, che speriamo risulti almeno utile per tenere vivo il dibattito, quando dà l’avvio ad una gigantesca “class action” per un risarcimento di 2.000 euro, previo versamento di soli 6 euro, ad ogni cittadino residente nelle 45 città anche in assenza di danni alla salute e per il solo fatto di essere stato costretto a vivere in un ambiente e a respirare aria malsana.
Una chiosa ancora sullo studio dello IARC. Com’era da prevedere, c’è chi lo contesta (ed anche qui si trova qualche ambientalista) sulla base di due considerazioni: a) lo studio è partito molti anni fa (1988), quindi su motori a gasolio di vecchia generazione (qualcuno ha accennato addirittura su vecchi trattori americani); b) da qualche anno ci sono i FAP, i Filtri Anti Particolato. Premesso che su aspetti che toccano non solo e non tanto la qualità della vita quanto la salute e la stessa vita, un errore commesso dal più autorevole organismo internazionale per la difesa della salute risulterebbe devastante per la sua credibilità, va detto che 24-25 anni fa la pericolosità dei gas di scarico di un motore diesel era già classificata del “gruppo 2”, ovvero gas probabilmente cancerogeni. Diventa persino banale fare notare che, rispetto ad oggi, se da un lato i motori a scoppio erano sicuramente meno attenti alla pericolosità delle emissioni, dall’altro la percezione del rischio era più bassa, i dati statistici meno curati, gli strumenti d’indagine dei centri di ricerca meno sofisticati. Oggi, pur a fronte di una maggiore attenzione al problema dei costruttori di auto, i mezzi di ricerca dei laboratori si sono fatti sofisticati e in grado di convincere definitivamente, aldilà di ogni dubbio, l’OMS a classificare nel “gruppo 1”, ovvero certamente cancerogeno, le emissioni dei gas di scarico dei motori a gasolio. Per quanto riguarda invece i FAP, tutto dipende dalla loro efficienza reale e dal loro comportamento nel tempo. Ad ogni modo, non esiste efficienza al 100% e questo specialmente per il particolato ultrafine, il più pericoloso.
Dunque la tecnologia e la qualità dei carburanti possono ridurre i danni, non eliminarli. Possono incidere sulla quantità delle emissioni ma non sulla loro natura. Per i cancerogeni non c’è una soglia sotto cui il rischio è zero.
Fiori – Circolo culturale “AmbienteScienze” – Cremona
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