A Busseto, concluso il concorso Voci Verdiane Vince Jung Hoon Kim
Sotto un cielo privo di reali e metaforiche stelle, vigilati dalla monumentale statua bronzea di Verdi, il 16 giugno si è conclusa in maniera discussa la cinquantesima edizione del «Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto». Lodevole l’iniziativa di gestire la serata all’insegna della sobrietà rinunciando a fiori e addobbi e contribuendo con la cifra corrispondente alla ricostruzione della Scuola Elementare di Mirandola, distrutta dal recente terremoto, e altrettanto felice la conduzione dell’evento da parte di Diletta Canepari, spigliata professionista in grado di coordinare al meglio, anche in lingua inglese, pure i momenti più problematici della manifestazione. A far gli onori di casa il sindaco Maria Giovanna Gambazza, puntuale e pertinente nel suo intervento tendente ad accogliere il qualificato e competente pubblico formato da tanti appassionati, ma pure da diversi rappresentanti di prestigiose testate nazionale e straniere. Assente per motivi di salute il presidente onorario a vita del Concorso, il grande tenore Carlo Bergonzi, uno dei maggiori interpreti verdiani di tutti i tempi.
Accompagnava la serata l’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna diretta dal maestro Fabrizio Cassi.
La manifestazione di quest’anno, realizzata con una giuria presieduta dal baritono Leo Nucci e composta dai vertici di diversi teatri, ha premiato, in verità in maniera singolare, tre cantanti coreani, a partire dal vincitore Jung Hoon Kim, tenore classe 1988 propostosi nel nostalgico «Ma se m’è forza perderti» da Un ballo in maschera. La difficile romanza è contrassegnata da momenti contrastanti per i quali è richiesta la complessa capacità di muoversi con disinvoltura tra sonorità assai differenti servendosi di un fraseggio tale da rendere la «parola scenica» tanto raccomandata da Verdi. Caratteristiche difficilmente individuabili nella performance in oggetto, contraddistinta sì da vigore e slancio, ma non dall’espressività richiesta dalla parte. E non è stata davvero convincente l’excusatio di Nucci di fronte alle obiezioni di Sabino Le Noci – direttore della rivista «L’Opera», presidente di importanti giurie internazionali, nonché organizzatore di eventi musicali in tutto il mondo – che, dalla platea, ha mostrato espliciti dissensi nei confronti delle scelte operate dalla commissione giudicatrice. Un concorso verdiano è volto a individuare uno specifico tipo di vocalità che non può prescindere da fraseggio, portamenti e quant’altro possa definire il testo, così come richiesto da Verdi che affermava: «Le mie note, belle o brutte, non le scrivo mai a caso». E al proposito, neppure i vincitori del secondo e terzo premio, rispettivamente Jootaek Kim, baritono, e Seung Hwan Yun, tenore, interpreti de «Il balen del suo sorriso» (dal Trovatore) e «Ah, la paterna mano» (dal Macbeth), si sono trovati sempre a proprio agio nel realizzare le intenzionalità del testo. Il compositore nonché grande uomo di cultura Raffaello de Banfield diceva: «Una voce verdiana è fatta di timbro, ampiezza di suono, lunghezza dei fiati e capacità d’accenti». Lo stesso musicologo Gino Roncaglia, recensendo il primo concorso di Busseto nel lontano 1961, affermava che Verdi non andava affrontato «sempre a voce spiegata» e il fraseggio indicato in partitura avrebbe dovuto far riflettere insegnanti e allievi riguardo alla necessità di realizzare al meglio gli innumerevoli «sottovoce» e le diverse indicazioni dinamiche. Esemplare al proposito l’esempio di Bergonzi con le sue esecuzioni da antologia.
Verdi era assai esigente coi cantanti e, pertanto, rimane assolutamente da appoggiare la prosecuzione per il futuro del Concorso in modo tale da poter individuare artisti contraddistinti da una reale capacità di lettura del patrimonio verdiano che – per dirla sempre con Roncaglia – «per il suo alto valore artistico e per la risonanza mondiale, ha un precipuo insostituibile significato nazionale». Sarebbe necessario tuttavia raddrizzare il tiro della competizione e, tenendo maggiormente conto del dettato verdiano, conferire alla stessa un più alto profilo con il coinvolgimento di un direttore artistico in grado di inserire i cantanti nei circuiti teatrali nazionali e internazionali. Sembrerebbe maggiormente in linea col pensiero del grande bussetano non tanto assegnare borse di studio in denaro ai vincitori, quanto offrire agli stessi concrete opportunità di lavoro. E Verdi, ne siamo certi, sarebbe assolutamente d’accordo.
Paola Cirani
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