Terremoto e trivellazioni, c'è una correlazione?
Vero, falso? Comunque è inquietante. C’è correlazione tra il terremoto che sta sconquassando una parte dell’Emilia (17 morti, 300 feriti, 500 aziende lesionate, 100mila anziani nel disagio, 5 miliardi di danni) e le trivellazioni nel sottosuolo padano pilotate da una multinazionale texana?
La domanda è ricorrente tra i terremotati. Rimbalza ogni giorno di più, è arrivata anche sui tiggì nazionali. Sky Tg24 lunedi pomeriggio vi ha dedicato un (timido) approfondimento con Paola Saluzzi. Ottima idea, scarso risultato. Eppure a parlarne c’era il presidente dei geologi italiani (Gian Vito Graziano), il tutto verde barricadero Ermete Realacci, lo scrittore Pietro Dammarco che al problema ha dedicato anche un libro (“Trivelle d’Italia”) attaccando i petrolieri che in Italia avrebbero le mani sporche di greggio ma libere;libere di perforare la terra e i fondali marini con royalties minime e l’avallo dei “tolleranti”.
Nessuno, per ora, sa dare una risposta scientifica al quesito. Ed il dubbio che serpeggia nella Bassa è un tarlo che trafora il cervello, un rodimento interiore senza tregua. Un supplizio che va a sommarsi all’incubo senza fine delle scosse.
Il Governo dovrebbe parlarne. Con chiarezza e tempestività. Che succede davvero sotto terra? Le nostre Università, i nostri ricercatori non hanno nulla da dire?
Circolano da giorni in Rete strani messaggi. Si sostiene che il sisma emiliano sia in qualche misura correlato allo stoccaggio di gas nel sottosuolo di Modena e Ferrara. E’ una stupida provocazione, un gratuito allarme, o c’è del vero? Di certo sappiamo che dal 1895 ad oggi sono stati perforati 7.110 pozzi e quelli oggi produttivi sono poco più di mille. Di più: sono in essere 38 permessi di ricerca e 37 concessioni per gli idrocarburi. La magistratura è incalzata dai blog che ne chiedono l’intervento “se non altro per sapere se le attività di sondaggio, accertamento, esplorazione o comunque la si voglia chiamare del sottosuolo, sia cessata o no”. Chiedono anche a quale profondità siano arrivati con le perforazioni nei vari pozzi, con quali metologie, in quali periodi.
La materia è delicata e complessa. Chi vive da quelle parti dice di non saperne nulla di preciso,allarga le braccia, conosce soltanto la battaglia contro gli stoccaggi di gas che dura ormai da sei anni. Ma continua a vigilare.
In ogni caso questo terremoto una lezione ce l’ha data. E va colta senza pregiudiziali.
Occorre cambiare le politiche in materia, investire in conoscenza, dare risorse ad università (che a stento sopravvivono) e ai ricercatori perché ci diano risposte certe, scientifiche. Occorre fermare il cemento ed il consumo di suolo fertile. Ben 725 comuni italiani sono ad alto rischio sismico, due terzi delle scuole italiane non sono costruite secondo gli standard antisismici necessari. Dobbiamo agire – bene e presto- sulla edilizia esistente, il Paese va messo in sicurezza. Tranne la Sardegna, tutto il resto dello Stivale è sismico e non promette nulla di buono. Non ci basta aspettare le provvidenze dell’Europa, bisogna agire con nuovi studi e nuovi provvedimenti.Il coraggio e la dignità dei terremotati e la loro capacità di arrangiarsi non deve far dimenticare l’urgenza del problema. Risaliamo a bordo ca…o.!!!
Enrico Pirondini
© RIPRODUZIONE RISERVATA