BioEnergy, rinnovabile alternativa concreta a fonti tradizionali
Che le fonti rinnovabili rappresentano il futuro della produzione di energia a livello mondiale è ormai un dato di fatto, ma all’edizione 2012 di BioEnergy Italy a Cremona è stato possibile anche constatare che la consapevolezza delle potenzialità del settore si sta sempre più radicando in aziende agricole, Comuni, Province, e industria alimentare, che sono i maggiori investitori nel comparto.
“I visitatori di questa edizione, nella totalità imprenditori e professionisti – ha dichiarato Antonio Piva, presidente di CremonaFiere – hanno trovato nei 52 eventi di BioEnergy Italy molte risposte e spunti per lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili in Italia. Possiamo dire che pressoché il 100% di chi è entrato in fiera aveva obiettivi ben precisi: informarsi, scoprire le nuove tecnologie, e confrontarsi con un’offerta espositiva altamente qualificata. Abbiamo puntato tutto sulla specializzazione perché siamo consapevoli che c’è molta “sete” di informazioni nel campo delle bioenergie; il nostro primo obiettivo era portare a Cremona la gente giusta, e l’abbiamo centrato in pieno.”
Gli ingredienti per attirare a BioEnergy Italy le sempre più numerose e diversificate professionalità legate alle fonti rinnovabili di energia c’erano tutti: non solo una selezione di 152 espositori (di cui il 27% dall’estero) di alto livello, ma anche un programma di 52 appuntamenti (www.bioenergyitaly.it) studiato per andare a fondo di tutti i temi più caldi delle bioenergie: dalla normativa, alle bioplastiche; delle opportunità dello sfruttamento degli scarti di lavorazione dell’industria alimentare, al fotovoltaico di ultima generazione; dal rapporto tra produzione di energia e territorio, all’offerta formativa e professionale. Quest’ultimo, realizzato in collaborazione anche con l’Università di Torino, è stato uno degli appuntamenti più seguiti, a dimostrazione della grande voglia di conoscenza sul settore.
“Non ci sono altre manifestazioni in grado di fornire così tanti spunti scientifici e professionali – continua Piva. Ben 52 appuntamenti in 3 giorni confermano che BioEnergy Italy è un vero e proprio laboratorio di idee. Ma idee concrete, perché quello che ci interessa maggiormente è fornire soluzioni. Una impostazione che condividiamo con i nostri dagli espositori, che si sono dimostrati soddisfatti soprattutto dalla profonda cultura specifica dei 8.235 professionisti con cui li abbiamo messi in contatto.”
Per questa sua focalizzazione su target professionali, la visione di BioEnergy Italy è stata sposata dalle più importanti associazioni del settore, che hanno contribuito in modo determinante nella creazione dei contenuti della manifestazione, a cominciare da DGL International, partner tedesca di CremonaFiere nell’organizzazione. Ma BioEnergy Italy si è potuta fregiare anche di importanti contributi scientifici e di idee da parte di realtà come Legambiente, Confagricoltura, AITA (Associazione Italiana Tecnologia Alimentare), AIIPA (Associazione Italiana Industria Prodotti Alimentari), ENEA (Agenzia Nazionale per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile), Consorzio Italiano Biogas, Chimica Verde, Università di Torino e Università di Milano. Senza contare le decine di specialisti italiani e internazionali che hanno messo a disposizione il loro sapere nel corso dei diversi appuntamenti.
“BioEnergy Italy – conclude Piva – è stata la dimostrazione che non solo l’agricoltura, ma tutta la società ha a disposizione grandi opportunità con l’energia da fonti rinnovabili; si tratta di conoscerle e sfruttarle. Per questo abbiamo studiato uno strumento come BioEnergy Italy, che possa concretizzare in nuovo business la grande cultura che sta nascendo in Italia in questo settore.”
ALLA FIERA LE POTENZIALITA’ DELLE BIOPLASTICHE
La salvaguardia dell’ambiente passa anche dalle bioplastiche, un settore in notevole espansione che racchiude anche interessanti opportunità di occupazione per quanti intendano dedicarsi al loro sviluppo.
Il tema è stato oggetto di un interessante convegno svoltosi questa mattina nell’ambito di BioEnergy Italy.
“Nel secolo che ci siamo da poco lasciati alle spalle – ha dichiarato Marco Versari della Novamont di Terni, azienda impegnata nella chimica verde che poco più di un mese fa ha inaugurato un altro importante centro di ricerca a Porto Torres, in Sardegna – i consumi di combustibili fossili sono aumentati di 20 volte e di 34 quelle delle attività estrattive. A questo dobbiamo aggiungere che in Europa, ogni anno, un cittadino consuma 16 t. di materiali di cui 6 diventano rifiuti. Siamo di fronte a un modello che non può più funzionare e che deve lasciare spazio a produzioni e a consumi diversi dai precedenti”. E in questo contesto si inseriscono le bioplastiche, ad iniziare dall’attività di compostaggio della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. “Le potenzialità di crescita, in Europa, sono particolarmente elevate – ha ribadito – anche perchè non possiamo più continuare a competere con le materie prime di origine petrolifera bensì con le rinnovabili che abbiamo a casa nostra”.
Sono numerosi i prodotti che si possono ottenere dalle bioplastiche, a iniziare dal forse più conosciuto sacchetto in MaterBi utilizzato per la spesa. Ma nell’elenco compaiono altri tipi di imballaggi, prodotti per l’igiene, componenti per auto e, in agricoltura, teli per la pacciamatura, la solarizzazione, i vasi, le fitocelle, i legacci per la vite e i supporti per le trappole a feromoni. “Secondo i dati forniti dall’Unione europea – ha spiegato nel suo intervento Lorenzo D’Avino di Chimica Verde Bionet – incrementando la produzione di bioplastiche, nel 2020 si potrà ottenere un risparmio compreso tra i 9 e i 27 milioni di t. di Co2 equivalente. Numeri importanti, che si abbinano a un concetto altrettanto fondamentale basato sulle caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità”.
Ma al 2020 si guarda anche con altre prospettive se è vero, come è vero, che in base a una previsione dell’Errma (European renewable resources and materials association) “il mercato delle bioplastiche – ha sottolineato Beppe Croce di Legambiente – se regolamentato da adeguate politiche europee potrebbe addirittura decuplicare”. Intanto paesi come la Germania o la Francia stanno investendo nel settore notevoli risorse finanziarie: rispettivamente circa 2,5 e 1,3 miliardi di euro. E l’Italia? “Attualmente non ha previsto nessun tipo di investimento – ha precisato ancora Croce – ma con il divieto entrato in vigore lo scorso anno di utilizzare prodotti non biodegradabili ha ottenuto, praticamente a costo zero, un notevole risultato: l’utilizzo di shopper di plastica in poco tempo è diminuito di oltre il 50%”. Un ottimo segnale. L’auspicio è che ne seguano altri altrettanto concreti.
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