La Jihad corre nel cyberspazio fin dai tempi dell'inchiesta sulla moschea di via Massarotti
Nelle prime ore di questa mattina la Polizia di Stato di Brescia ha arrestato un cittadino marocchino, J. M., di 20 anni, destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere, ritenuto coinvolto in attività di addestramento all’uso di armi e di esplosivi per finalità di terrorismo. L’operazione, coordinata dalla Procura Distrettuale di Cagliari, è stata condotta dal Servizio Centrale Antiterrorismo della Dcpp/Ucigos e dalle Digos delle Questure di Cagliari e Brescia e ha permesso di far luce sul giovane, che vive in provincia di Brescia dall’età di 6 anni, attraverso la costante attività di monitoraggio dei siti web che ospitano discussioni e diffondono documenti su tematiche jihadiste. La misura restrittiva nei confronti del cittadino marocchino si è resa necessaria anche perché, di recente, sono stati acquisiti ”preoccupanti elementi su una progettualità terroristica” (una missione jihad, come lo stesso indagato ha confidato in un messaggio intercettato) che aveva in animo di realizzare contro ‘obiettivi sensibili’. Tra questi, spicca per importanza un reperto sequestrato dagli investigatori della Digos di Brescia relativo ad un dettagliato ”sopralluogo virtuale” della sinagoga di Via della Guastalla a Milano.
L’operazione, spiegano gli inquirenti, dimostra ”ancora una volta, come il cyberspazio sia l’ambiente privilegiato da estremisti e terroristi per il loro jihad tecnico”, per la facilità, rilevano gli investigatori, ”con cui essi possono stabilire interconnessioni virtuali e operare sentendosi tutelati da un sostanziale anonimato”. J. M., il giovane arrestato, ”rappresenta il tipico prodotto delle martellanti campagne di propaganda e istigazione alla violenza condotte, sempre attraverso Internet, da Al Qaeda e da altre organizzazioni terroristiche: e’ una precisa strategia diretta soprattutto a suggestionare i giovani musulmani residenti in Occidente affinché essi possano immedesimarsi nell’ideologia terroristica e poi, autonomamente e senza alcun contatto diretto con l’organizzazione, passare all’azione”.
Roberto Fiorentini, giornalista cremonese autore di numerose pubblicazioni sul terrorismo islamico ha scritto per Cremonaoggi un articolo con il quale ricorda come il cyberspazio sia stato fin dalle prime inchieste su alcune moschee legate al terrorismo, come quella di via Massarotti a Cremona, il luogo di formazione e di comunicazione per adepti di Al Qaeda.
Attingere da internet per costruire bombe e armi. I sistemi si evolvono come dimostra l’inchiesta che ha portato in carcere a Brescia un marocchino di 20 anni accusato di voler preparare un attentato a Milano contro la sinagoga, ma i meccanismi della jihad sono sempre uguali nelle galassie eversive in Europa. Già alla fine degli anni Novanta, quando la rete era ancora embrionale, i primi fautori della lotta armata musulmana utilizzavano modem e materiale informatico rudimentale per comunicare. Lo dimostro’ anche sotto il profilo giudiziario, la famosa operazione “Atlante” che, proprio a Cremona, spedì in cella gli uomini dei gruppi salafiti cremonesi. Ma fu dopo l’attentato Newyorkese dalle Torri Gemelle che la rete jihadaista prese forma e sostanza.
Nei vari tronconi delle inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia che vanno dal 2002 al 2005 e’ spuntato di tutto. Accessi a siti ideologici vicini ai combattenti in Afghanistan e in Pachistan. Chat di diversa natura dove poter colloquiare senza essere intercettati dalle forze dell’ordine, visite costanti a siti, anche statunitensi, che vendono, ancora oggi, armi ed esplosivi. Ed ancora trasmissione, via mail, di filmati per l’addestramento di combattenti in Occidente, prendendo spunto dalla guerriglia irachena e afgana . In alcuni casi si scopri’ che per evitare il monitoraggio informatico da l’arte della polizia postale o degli uffici UCIGOS , gli esponenti dello jihadaismo “lombardo” utilizzarono anche siti a luci rosse per scambiarsi informazioni sia di natura logistica, sia di natura operativa per la preparazione degli attentati. L’utilizzo delle pagine di facebook e’ ulteriore stato di qualità da parte di chi alimenta la guerra armata. Dal trasbordo di vecchi manuali provenienti dall’Afghanistan via treno, all’utilizzo del socialnetwoork più diffuso al mondo sono passati solo pochi anni, ma gli obiettivi sono cambiati: “gli ebrei e i crociati” come scrivevamo i marocchini del “Gruppo Islamico combattente” nella oramai tristemente famosa moschea di via Massarotti a Cremona.
Roberto Fiorentini
© RIPRODUZIONE RISERVATA