Sigor sindaco, in occasione del 53esimo dell'insurrezione di Lhasa esponga la bandiera tibetana
Sig. sindaco,
il 10 marzo ricorre il cinquantatreesimo anniversario dell’insurrezione di Lhasa, capitale tibetana, contro l’invasione cinese. L’occupazione del Tibet, avvenuta nel 1950, costituì un inequivocabile atto di aggressione e violazione della legge internazionale. I militari cinesi stroncarono l’insurrezione con estrema brutalità, il Dalai Lama, seguito da circa 100.000 tibetani, fu costretto a fuggire dal Tibet e chiedere asilo politico in India dove si costituì un governo tibetano in esilio fondato su principi democratici. Attualmente, il numero dei rifugiati è sempre in aumento e l’afflusso dei profughi che lasciano il paese per sfuggire alle persecuzioni cinesi non conosce sosta. Il genocidio culturale ed etnico perpetrato a danno del popolo tibetano è ancora poco conosciuto e spesso volontariamente ignorato. Si pensi che almeno 1.200.000 tibetani sono morti in seguito dell’invasione cinese e che oggi i tibetani sono ridotti ad essere in minoranza nella loro terra, sei milioni rispetto agli oltre sette milioni di coloni cinesi, a causa della politica di colonizzazione, aborti e sterilizzazione forzata attuata da Pechino. Secondo i dati forniti dai rappresentanti tibetani in esilio, la repressione compiuta dai militari nel 2008 avrebbe provocato oltre 200 morti, mille feriti, migliaia di arrestati.
Il Dalai Lama, insignito del premio Nobel per la pace nel 1989, ha ribadito in ogni occasione di essere contrario all’indipendenza nazionale e di volere perseguire, con i metodi gandhiani, una soluzione politica a che garantisca un’autentica autonomia culturale, politica e religiosa ai cittadini tibetani. Nonostante il credito e l’apertura compiuta dalla comunità internazionale nei confronti della Cina, dopo la fine dei giochi olimpici, il Governo di Pechino ha continuato ad attaccare violentemente il Dalai Lama, accusandolo di mentire e di puntare alla secessione del Tibet, come si è visto anche in occasione dell’ultima visita della guida spirituale e politica tibetana negli Stati Uniti. Recentemente il Governo della Cina ha imposto drastiche misure restrittive ai monasteri buddisti tibetani della contea di Aba/Ngaba (provincia dello Sichuan) e di altre regioni dell’altopiano tibetano, violenti raid delle forze dell’ordine, detenzioni arbitrarie di monaci, potenziamento della sorveglianza e presenza costante della polizia all’interno dei monasteri a fini di controllo delle attività religiose. Le citate misure di sicurezza sono volte a limitare il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di confessione religiosa all’interno dei monasteri buddisti tibetani.
Nel solo 2011 almeno 13 monaci tibetani si sono dati fuoco a causa delle terribili sofferenze cui è sottoposto il popolo tibetano e che alcuni di loro si trovano in condizioni di salute molto gravi e di alcuni di loro non si hanno più notizie; l’inasprimento del controllo sulle pratiche religiose da parte dello Stato, in virtù di una serie di regolamentazioni introdotte dal governo cinese nel 2007, ha contribuito alla disperazione dei tibetani in tutto l’altopiano del Tibet e che le attuali leggi hanno notevolmente esteso il controllo statale sulla vita religiosa, al punto che molte espressioni dell’identità religiosa, ivi incluso il riconoscimento dei “lama reincarnati”, sono sottoposte all’approvazione e al controllo dello Stato.
Tutto ciò premesso, Le chiedo, sig. sindaco:
– di attivarsi in tutte le sedi affinché vengano condannate tutte le forme di violenza contro il popolo tibetano e ad esortare il governo cinese ad avviare subito politiche di dialogo nei confronti delle autorità civili e religiose del Tibet che vivono in esilio, in primis il Dalai Lama, affinchè venga garantita la libertà di religione a tutti i cittadini, così come previsto dall’art.18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo;
– di esporre nel cortile Federico II di Palazzo Comunale la bandiera del Tibet nel periodo dal 5 al 10 marzo 2012.
Sergio Ravelli
Esponente partito Radicale transnazionale
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