Edilizia, numeri da crisi nera (hanno chiuso 113 ditte) Ma i nostri appalti pubblici vanno a imprese di Roma e Potenza
– nella foto il Comune di Casalmaggiore
Verrebbe da dire così: cosa c’azzecca una ditta edile capitolina con la facciata del Comune di Casalmaggiore? Perché un lavoro che la legge consente di affidare ad imprese locali con procedura negoziata, deve andare ad appalto pubblico con tutti i rischi che questo comporta? La notizia ha bisogno di una premessa. E la premessa è fornita dai dati forniti dalla Casa Edile di Cremona, alla quale sono iscritte le imprese che lavorano nel settore con dipendenti a carico. I numeri fotografano una situazione davvero spaventosa. In due anni, nella nostra provincia, 113 imprese edili hanno cessato la loro attività. Sempre in due anni, 503 operai iscritti hanno terminato il loro rapporto di lavoro e non hanno più posizione alla Cassa Edile. Nel settore le ore di cassa integrazione (sempre riferito a due soli anni di crisi) hanno avuto un aumento del 213% e le ore lavorate degli operai (esclusi impiegati e lavoratori autonomi) si sono ridotte del 22%. I dati si riferiscono alle sole imprese edili con dipendenti. Restano esclusi, quindi, tutti i lavoratori autonomi (artigiani, molti ormai al collasso) e le figure degli impiegati e tecnici di cantiere. Una situazione preoccupante che allarma imprese, associazioni di categoria e sindacati.
In questo panorama davvero sconcertante, il caso del Municipio di Casalmaggiore. Il Comune deve sistemare la facciata principale, quella che dà su piazza Garibaldi. Un intervento non solo estetico, ma strutturale che punta ad eliminare il rischio del distacco di pietre e marmi. E’ un lavoro da 380 mila euro e il Comune decide di aprire un’asta. Partecipano 89 aziende. Si aggiudica l’appalto il Consorzio artigiano Raffaele Rumolo con sede a Roma, offrendo un ribasso del 22,736% sull’importo base d’asta di 380 mila. Seconda classificata, l’impresa Co. Proget di Donato Summa, che ha sede a Pietragalla, in provincia di Potenza con un ribasso pari a 22,734%. Ora, manca solo l’aggiudicazione definitiva e la consegna del cantiere. Poi, i lavori possono partire.
«Purtroppo succede spesso così – è la reazione dell’architetto Laura Maria Secchi di Ance Cremona (Associazione Nazionale Costruttori Edili) -. C’è una normativa dell’estate 2011 che consente, per appalti fino al milione di euro, di fare delle trattative private coinvolgendo un numero minimo di aziende individuate, ma alcuni enti insistono con queste aste al ribasso che sono davvero distruttive per il settore locale. Le imprese, per ottenere finanziamenti, devono dimostrare alle banche di avere commesse. Dunque, ditte che provengono da tutta Italia, gareggiano al ribasso anche del 20% per aggiudicarsi l’appalto. E quando vincono, non comprano materiale locale e non fanno lavorare persone del territorio. Magari realizzano il primo Stato di Avanzamento Lavori e poi se ne vanno. Tutto questo a fronte di aziende cremonesi che chiudono o di imprese locali che faticano a stare in piedi, acquistando materiale qui e versando Irpef e Imu al Comune di appartenenza. Perchè i cittadini di Casalmaggiore devono pagare un lavoro che sarà realizzato da una ditta di Roma, con operai romani, che porterà materiale direttamente da giù? Una situazione davvero deleteria che fa male ad imprese e lavoratori cremonesi».
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