Marina Corradi ai giornalisti «Comunicare è un mezzo, stare insieme un fine»
FOTO DI FRANCESCO SESSA
Reinventare il mestiere del giornalista per dire cose che le immagini – ormai padrone assolute dell’informazione – non hanno ancora detto, non nascondere il male, ma nemmeno amplificarlo solleticando la morbosità dei lettori, cercare di educare al bene attraverso la via della bellezza e soprattutto recuperare spazi di silenzio per imparare il valore del discernimento e della riflessione. Ha letteralmente incantato la folta platea Marina Corradi, editorialista e inviata di Avvenire, durante l’annuale incontro dei giornalisti nella mattinata di venerdì 27 gennaio al Centro Pastorale diocesano. All’appuntamento erano presenti il vescovo Lafranconi, che ha guidato la preghiera iniziale e don Claudio Rasoli, direttore dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali.
«Il silenzio – ha esordito il vescovo Lafranconi in apertura dell’incontro – è quanto mai necessario oggi per discernere ciò che viene da Dio e ciò che viene dall’uomo, ciò che è verità da ciò che è opinione, ciò che distrugge da ciò che costruisce. Il fine ultimo della comunicazione è costruire una convivenza giusta e fraterna, per questo motivo il giornalista deve continuamente domandarsi, utilizzando anche ampi spazi di silenzio, se quello che comunica è per il bene di tutti».
«Rispetto a trent’anni fa – ha detto nel suo intervento la Corradi -, il nostro lavoro è cambiato moltissimo. Oggi dobbiamo fare i conti con le immagini che arrivano prima delle parole. Cosa poter dire di più? Dobbiamo sforzarci di raccontare quello che non si vede. Ecco perché c’è bisogno di una maggiore capacità di osservazione e di ascolto. È necessario mostrare ciò che è bello della vita dell’uomo perchè soltanto questo affascina e conquista il cuore. Lo possiamo fare anche con i quindicenni. Comunicare è un mezzo, lo stare insieme come uomini è il fine».
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