Lettere

Quando muore una voce della comunicazione

da Mario Superti

Avrei voluto indirizzare queste poche note al direttore di un giornale che “sulla carta” non c’è più. Io spero che l’evento non si materializzi e non si consolidi nel tempo. A volte la morte è apparente e chi si deve prendere cura del paziente deve fare molta attenzione e mettere in campo la sua professionalità. Ho scritto più volte delle difficoltà che “la comunicazione” incontrava sulla scena locale e nazionale. E’ accaduto tutto o quasi come in un copione già scritto da tempo. Il mio intendimento quindi è quello di indirizzare questa poche righe “non” ad “un giornale mai nato”, ma ad “un giornale mai morto”.
In un mio recente scritto e gentilmente pubblicato da “La Cronaca”, così  mi esprimevo: “I media sono spesso in mano a personaggi che con la democrazia non hanno  molto da spartire se non nel fatto che viene dagli stessi invocata per avere il Loro diritto di esistere. Solo che il diritto di esistere è più spesso demandato al fatto di avere abbastanza denaro da investire nei media”.
Non avevo la certezza assoluta della affermazione: ora invece ce l’ho. Mi rimane la convinzione che il destinatario di queste poche righe possa in qualche modo rimediare al mio problema: non posso comunicare con “la morte apparente” o “accertata” che sia.
Voglio solo concludere auspicando che, come nella antica Grecia, si facciano avanti menti illuminate, colte e ben disposte a comunicare ai discepoli eventuali le loro convinzioni morali, filosofiche e politiche. Personaggi di rilievo non ne mancano: osiamo sperare. Speriamo, e non concludiamo con l’applauso che di solito accompagna il funerale di morti divenuti oggetto di attenzione mediatica. Come si sa, l’applauso in pubblico è nato nelle piazze allorquando si trattava di “coprire” le” lamentazioni o le imprecazioni” dei condannati a morte sulle pubbliche piazze. Io non applaudo e resto in attesa del risveglio della coscienza responsabile locale e nazionale.

Cordialità e buon lavoro.

 

Mario Superti

 

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