L'ultimo saluto a don Luisito Una tuta da operaio nella bara e un asinello vicino fino al cimitero
Ha voluto una tuta da lavoro nella bara ed essere accompagnato al cimitero da un asinello, due desideri che i familiari e gli amici sacerdoti hanno volentieri esaudito, accondiscendo fino in fondo alla singolarietà, tutta poetica, di don Luisito Bianchi, il prete partigiano, operaio e scrittore, deceduto lo scorso 5 gennaio e salutato cristianamente sabato 7 in due diverse celebrazioni: alle 11.30 nell’abbazia benedettina di Viboldone alla presenza del vescovo Lafranconi e alle 14.30 nella chiesa parrocchiale di San Leonardo in Vescovato. Le esequie nel paese cremonese sono state presiedute dal vicario generale della diocesi, mons. Mario Marchesi e concelebrate da una trentina di sacerdoti. Tra di essi il delegato episcopale per il clero, mons. Mario Barbieri, il parroco del luogo don Angelo Lanzeni, l’economo diocesano mons. Carlo Abbiati, i superiori del Seminario. Presente anche il primo cittadino di Vescovato, Giuseppe Superti con il gonfalone comunale, il consigliere provinciale Giuseppe Torchio, i rappresentanti dell’ANPI con la bandiera, gli amici delle ACLI di Cremona e diverse personalità del mondo culturale come il prof. Massimo Marcocchi e il senatore Angelo Rescaglio. Al termine della celebrazione don Lanzeni ha letto una poesia di don Luisito dal titolo “Il mio paese” che rivela il grande amore del sacerdote poeta per la propria terra, quella terra che lo ha accolta in attesa della risurrezione finale.
Don Luisito Bianchi era nato a Vescovato il 23 maggio 1927 ed era stato ordinato sacerdote il 3 giugno 1950. Laureto in scienze politiche a Milano fu insegnante presso il Seminario vescovile (1950-1951), missionario in Belgio (1951-1955), vicario a S. Bassano in Pizzighettone (1956-1958), quindi ancora insegnante in Seminario (1964-1967) e prete operaio nella città di Alessandria (1967-1971) e anche inserviente in ospedale. Da molti anni era cappellano dell’abbazia di Viboldone alle porte di Milano.
Ha pubblicato: “Salariati” (Ora Sesta, Roma 1968), ), studio sociologico sul salariato di cascina nel cremonese; “Come un atomo sulla bilancia” (Morcelliana, Brescia 1972, riediz. Sironi, Milano 2005), storia di tre anni di fabbrica; “Dialogo sulla gratuità” (Morcelliana, Brescia 1975, riediz. Gribaudi, Milano 2004), “Gratuità tra cronaca e storia” (1982). “Dittico vescovatino” (2001), “Sfilacciature di fabbrica” (1970, riediz. 2002), “Simon Mago” (2002), “La Messa dell’uomo disarmato” (1989, riediz. Sironi, Milano 2003), un romanzo sulla resistenza; “Monologo partigiano sulla Gratuità” (Il Poligrafo, Padova 2004), appunti per una storia della gratuità del ministero nella Chiesa; diverse raccolte di poesie tra cui “Vicus Boldonis terra di marcite” (1993) e “Sulla decima sillaba l’accento”, “In terra partigiana”, “Parola tu profumi stamattina”, “Forse un’aia”.
Nel 2010 pubblica “Quando si pensa con i piedi e un cane ti taglia la strada”, dedicato ancora una volta al tema della gratuità.