Partecipate, perché non eliminare i consiglieri, passando all’amministratore unico?
Egregio Signor Direttore,
nell’attuale scenario politico del Paese, contraddistinto da un fase che onestamente si può definire drammatica, in cui a molti, ma non tutti, vengono richiesti importanti sacrifici, la Giovane Italia di Cremona reputa doveroso esprimere alcune critiche all’attuale classe politica. Perché come ormai si sente dire ovunque e come abbiamo distinto subito, i sacrifici saranno e sono chiesti a molti ma non a tutti. Tra questi fortunati risiedono chi più chi meno le persone che ci rappresentano, da Bruxelles alla cittadina di provincia.
Riteniamo categorico che chi ci amministra e richiede grossi sforzi alle famiglie italiane dia per primo il buon esempio. Rinunciando a vitalizi, stipendi dorati, benefit francamente indifendibili e a quant’altro l’italica politica ci ha abituato fin d’ora. Numero dei parlamentari, privilegi, doppi incarichi, le enormi differenze di gestione (e di spesa) delle varie regioni italiane, le regioni a statuto speciale e lo scandalo (perché tale è) della gestione della regione Sicilia. I rimborsi elettorali, i cui ammontare da soli risolverebbero ad esempio i tagli al comparto sicurezza.
Ma spesso ci si dimentica anche di quelle che sono le anomalie a livello locale. Tutti o quasi hanno sotto gli occhi i propri consiglieri, assessori, sindaci o presidenti di provincia. E non ci si scappa dal controllare il loro gettone o stipendio. Ma poi si fa più fumoso il mondo delle partecipate dove in tutta onestà qualche dubbio ce lo si pone. Perché non ridurre anche qui il numero dei consiglieri o addirittura, ove possibile, eliminarli, passando alla gestione del’amministratore unico? Spesso la giustificazione è che quei posti servono per dare rappresentanza plurale al voto dei cittadini. Ma siamo certi che i cittadini siano entusiasti di queste scelte? Non è che molto spesso queste poltrone hanno lo scopo primario di piazzare personaggi e figure vicine (o dentro) ai partiti in posti remunerati? Le società a partecipazione pubblica sono per loro stessa definizione controllate dal pubblico. Quindi Comune o Provincia per rimanere nel locale. E Comune e Provincia non sono forse già loro l’espressione della rappresentanza popolare in tutte le loro composizioni? O se proprio a queste figure non è possibile rinunciare limitiamole e che almeno i criteri di scelta (vedasi meritocrazia) siano i più trasparenti e cristallini possibili.
Non crediamo di chiedere qualcosa di impossibile ma anzi, sono tutte norme e provvedimenti che se sorretti dalla volontà reale di effettuarli sarebbero di facile realizzazione. Inoltre passerebbero il messaggio al cittadino contribuente che la politica non è solo un costo ma il luogo deputato alla ricerca del bene della comunità.
Giovane Italia Cremona