Mino Jotta: «Bravi Perri e Bruttomesso Sull’acqua clima di tensione alimentato dalla sinistra» Titta Magnoli: «Salini si fermi o chiederemo le sue dimissioni»
– Un momento dell’assemblea dei sindaci di venerdì sera
L’assemblea di venerdì? Priva di qualunque conseguenza. I sindaci che vi hanno preso parte (compresi i due del Pdl, Bertusi e Sisti)? Hanno sbagliato. Bravi invece Perri e Bruttomesso che se ne sono stati a casa. Lontani, oltretutto, da quel “clima di tensione” alimentato dalla sinistra e da toni “a tratti anche violenti”. Lontani dall’atteggiamento “irresponsabile di chi ha cercato di forzare una situazione che è stata gestita nel pieno rispetto delle regole”. Torna in pista Berlusconi contro i comunisti? No, ma il monito arriva dal pulpito comunque più alto del Pdl cremonese. Sì, perché su quello che è ormai il ‘caso acqua’ interviene, a nome del partito, il coordinatore provinciale Mino Jotta.
E’ un intervento sorprendente quello di Jotta. Un intervento che innesca un braccio di ferro francamente difficilmente prevedibile dopo la mobilitazione di ieri di 60 sindaci del territorio e di una fetta corposa di opinione pubblica.
Il dato emergente dal lungo comunicato di Jotta è uno soltanto: l’assemblea di venerdì sera non ha alcun valore. Una soltanto la logica conseguenza: il Pdl e il presidente Salini tireranno dritto con il progetto per la società mista.
“Il Pdl provinciale – esordisce Jotta parlando dunque a nome del partito – intende fare chiarezza su quanto avvenuto in questi giorni in merito alla proposta di società mista per la gestione del servizio idrico da parte dell’Ufficio d’Ambito della provincia di Cremona”.
Segue un dettagliato elenco dei fatti, che riportiamo integralmente.
1) Il Coordinamento prov.le del Popolo della Libertà, nella seduta dell’8 settembre 2011, ha approvato all’unanimità il documento sulle “prospettive di gestione del servizio idrico in provincia di Cremona” e con esso la scelta chiara della società mista.
2) La Corte Costituzionale, accogliendo il testo dei quesiti referendari, definisce la soluzione della società mista non solo come ammissibile ma addirittura come via ordinaria per la gestione del servizio idrico.
3) La Conferenza dei Comuni del 12 dicembre non si è espressa contro la delibera dell’Ufficio d’Ambito che propone la società mista. In tal caso infatti non sarebbe stato necessario riunirsi nuovamente, ma il percorso si sarebbe automaticamente interrotto.
4) Il presidente della Conferenza dei Comuni Raffaele Leni, in occasione dell’assemblea del 16 dicembre, non ha fatto altro che applicare, con correttezza e fermezza, il Regolamento della Conferenza, dichiarando valida l’assemblea, poiché era presente il quorum costituivo dei sindaci (maggioranza numerica dei sindaci), ma non procedendo a votazione, dal momento che non era presente il quorum deliberativo (maggioranza dei cittadini amministrati), senza il quale, a norma di Regolamento, “nessuna deliberazione può essere validamente assunta”. Pertanto tutto ciò che nella suddetta assemblea è stato fatto o deciso in contrasto con queste regole non ha alcun valore, ed è privo di qualunque conseguenza.
Referendum rispettato – Da tutto questo, osserva poi Jotta, conseguono le seguenti considerazioni. In primo luogo, annota il coordinatore del Pdl, “E’ del tutto ingiustificata la posizione di chi afferma che la proposta dell’Ufficio d’Ambito sia in contrasto con l’esito referendario”.
Ufficio d’ambito corretto – Segue la difesa dell’operato dell’Ufficio d’Ambito, l’azienda speciale che ha formulato la proposta per la società mista. “L’Ufficio d’Ambito, presieduto da Gianpietro Denti, a seguito della riunione dei Sindaci del 12 dicembre – osserva Jotta -, non era affatto tenuto o vincolato alla revoca della proposta della società mista, e pertanto ha agito in piena legittimità confermando la propria posizione, supportata da numerosissime verifiche di carattere giuridico ed economico-finanziario”. In altre parole, la richiesta di revoca della proposta, richiesta votata da 103 sindaci e approvata da 102 sindaci – astenuto, non contrario il centrotreesimo sindaco – non era dirimente.
Solidarietà a Leni – Prosegue Jotta: “Il Popolo della Libertà si sente in dovere di esprimere piena solidarietà nei confronti di Raffaele Leni (il presidente della conferenza uscito dopo aver dichiarato chiusa l’assemblea di venerdì; ndr) per l’ingiustificato e strumentale attacco subito in occasione dell’assemblea dei sindaci di venerdì 16 dicembre. D’altronde, i sindaci rappresentativi dei due terzi della popolazione cremonese non hanno ritenuto né utile, né costruttivo partecipare a quell’assemblea; i toni in essa utilizzati dimostrano la lungimiranza di tale decisione”.
Dalla sinistra clima di tensione – Infine, annota Jotta, “E’ da attribuire alla sinistra la responsabilità di aver generato un clima di tensione che ha pregiudicato, privilegiando lo scontro ideologico, il sereno confronto sui contenuti della proposta. Proposta per altro diffusamente illustrata ai Sindaci, e con loro condivisa in numerosi incontri sul territorio nel corso degli ultimi mesi. La loro scelta di non partecipare all’assemblea non può quindi essere interpretata come sintomo di mancanza di giudizio politico-amministrativo”.
Fiducia a Leni e al Cda Ufficio Ambito – Il vertice del Pdl chiude con una presa di posizione tesa nei fatti a sconfessare la sfiducia messa ai voti e approvata da 60 sindaci nei confronti del Cda dell’Ufficio d’Ambito e nei confronti del presidente della conferenza, Leni. “Infine – commenta Jotta -, confermiamo piena fiducia nell’operato del presidente dell’Ufficio d’Ambito Gianpietro Denti e del presidente della Conferenza dei Comuni Raffaele Leni. Stigmatizziamo l’atteggiamento irresponsabile di chi ha cercato, con toni a tratti anche violenti, di forzare una situazione che è stata gestita nel pieno rispetto delle regole. Regole (decise all’unanimità dalla stessa assemblea!) che forse a qualcuno danno fastidio, ma che rappresentano la via maestra per un esercizio vero della democrazia”.
LENI: “INTERPRETAZIONE STRAMPALATA” – A riprova del fatto che il vero braccio di ferro è solo agli inizi, ecco a breve distanza dall’intervento di Jotta quello del sindaco di Cappella de’ Picenardi, Raffaele Leni. Leni interviene in particolare sull’interpretazione “che alcuni organi di stampa stanno diffondendo sulla riunione della Conferenza dei Comuni del 16 dicembre”. Interpretazione, annota, “che rientra nella categoria delle tesi davvero strampalate; ma, come dicevano gli antichi, quando le cose sono chiare, c’è poco da interpretare!”.
Ecco allora l’interpretazione di Leni: “La legge (Art. 48, c 3, L.r. n. 26/2003) stabilisce che il parere della Conferenza dei Comuni deve essere reso entro trenta giorni dalla trasmissione della proposta e deve essere assunto con il voto favorevole dei sindaci di comuni che rappresentino almeno la maggioranza della popolazione residente nell’Ambito. Quindi: senza la maggioranza della popolazione rappresentata in Conferenza non può essere espresso alcun parere (positivo o negativo che sia), né in prima, né in seconda … né in quindicesima convocazione.
In aggiunta (e non certo in alternativa!) a questo quorum, la legge prevede poi che per la validità delle deliberazioni debbano essere presenti almeno la metà più uno dei Comuni; ciò per garantire che i Comuni più popolosi non possano imporre la loro volontà ai piccoli Comuni (cui è consentito di disertare la Conferenza per impedire la deliberazione, se gli assenti sono almeno la metà).
Il regolamento della Conferenza è del tutto aderente alla normativa regionale, né potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di una fonte subordinata: basta leggere per intero l’art. 8 del Regolamento, senza omettere proprio la parte che riguarda l’espressione del parere, anziché limitarsi alla parte relativa alle altre decisioni di carattere ordinario. La norma, infatti, secondo cui la Conferenza, in seconda convocazione, può deliberare se è presente “almeno il 30%” delle quote di rappresentanza “con almeno un quarto dei componenti” riguarda i casi ordinari (questa, ad esempio, la norma cui si fa riferimento nel caso dell’elezione del presidente), quando cioè la Conferenza delibera, sì, ma su oggetti diversi dai casi in cui deve emettere un parere. Per l’attività relativa ai casi in cui si rendono pareri (come nel caso del parere sulla proposta dell’Ufficio d’Ambito) si devono come ovvio e noto rispettare i criteri stabiliti dalla legge“.
MONITO DEL PD – Dal fronte dell’opposizione, ecco invece il duro monito del segretario provinciale del Pd, Titta Magnoli, al presidente Salini e ai sindaci di Cremona e Crema.
Il presidente della Provincia Salini rispetti la volontà dimostrata con tenacia da più della metà dei sindaci cremonesi, senza trincerarsi dietro formalismi burocratici. Se così non farà, lo inviteremo a dimettersi da un ruolo che non sa ricoprire degnamente. Se anche la legge prevede distinzioni sulla dimensione dei comuni, per il Presidente di una provincia la comunità di un comune pur piccolo non deve contare meno di altri più grandi.
Ricordi inoltre che una Regione e una Provincia non sono i livelli gerarchicamente superiori ai Comuni e che non possono imporre soluzioni non condivise con il territorio senza pagarne le conseguenze. Abbiamo visto, infatti, che fine ha fatto la discarica di amianto di Cappella Cantone. (Ma cosa dicono i leghisti, da poco tornati ‘di lotta’?).
Infine è deprimente, come al solito, constatare l’assenza dei sindaci di Cremona e Crema all’assemblea. Quando c’è una decisione fondamentale da prendere, comunque la pensino o si vogliano esprimere, Perri e Bruttomesso non si presentano e non mandano neppure un delegato. Più di centomila cittadini non hanno voce né rappresentanza. E’ un danno costante a due centri che hanno l’obbligo, se non altro morale, di essere capofila dei rispettivi territori. Non si può governare lavandosene le mani ogni volta che il gioco si fa duro.
Cosa dovranno fare i cittadini delle due città per potersi vedere rappresentati quando si deve decidere del loro destino? Trasferirsi forse a vivere a Sesto, Romanengo o Soresina?
© RIPRODUZIONE RISERVATA