Cronaca

Il rimpianto nostalgico del “cuore delle ragazze” nel racconto di Pupi Avati

Dopo gli Amici del bar Margherita, Pupi Avati ritorna con una commedia più riuscita della precedente, dove ancora una volta pone lo sguardo sulla provincia italiana però durante l’epoca fascista. Sisto Osti è il ricco proprietario terriero della zona che vuole maritare le due figlie bruttine e ormai ultratrentenni; disperato ricorre al figlio del mezzadro, Carlino Vigetti (Cesare Cremonini) un giovane analfabeta e donnaiolo che incanta le donne con un alito che profuma di biancospino. Carletto in cambio della promessa di una moto Guzzi si reca ogni sera per un’ora esatta a casa di Sisto per decidere quale delle due figlie dovrà sposare.

Ma questi piani verranno sconvolti dall’arrivo della bellissima figlia adottiva del vecchio proprietario, Francesca (Micaela Ramazzotti) della quale Carlo si innamora perdutamente. Contro il parere di tutti i due giovani decidono di sposarsi, ma l’idillio svanirà in un soffio per il tradimento di Carletto. La storia narrataci dalla voce fuori campo del fratello minore di Carlo è un tributo a quel grande cuore che avevano le mogli di un tempo, le quali un po’ per amore e un po’ perché oppresse da quel ruolo di custodi del focolare domestico impostogli da una società maschilista come quella fascista, sembravano rassegnate all’infedeltà dei propri mariti, ai quali sembravano saper perdonare ogni scappatella (come dimostra il personaggio della mamma di Carlo).

Pupi Avati in chiave comica ci racconta questo spaccato di vita popolare a cui fa da sfondo il regime, in un modo troppo semplicistico e assolutistico, che non sembra poter funzionare. Le donne sono tutte o bigotte o puttane, mentre ogni personaggio maschile è un essere meschino contrassegnato da un vizio, in un trionfo di sconcertante mediocrità. Purtroppo il regista emiliano sembra essere ormai lontano anni luce dalla finezza che caratterizza suoi capolavori come Magnificat o il Cuore altrove.

Qui ci propone un’opera abbastanza banale, come lo stesso personaggio di Cremonini e come la stessa immagine della donna che veniva veicolata dal Fascismo, moglie e madre devota, imprigionata alla casa e incapace di qualsiasi altro ruolo o mestiere. Dopo tutta la fatica fatta per giungere ad un’emancipazione, sembra davvero inutile e riduttivo scegliere di sprecare un’intera pellicola per raccontare/esaltare questa virtù femminile, questa grande capacità di perdono delle ragazze. Come se la donna all’epoca avesse potuto avere altra scelta.

Uniche note positive (oltre a qualche battuta carina) sono le musiche scritte da Lucio Dalla e una azzeccatissima Micaela Ramazzotti nel ruolo della Bella Francesca.

IN PROGRAMMAZIONE AL CINEMA CHAPLIN

Sofia Chiodelli

 

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