Cronaca

Nel 1227 fallisce la crociata di Federico II per affezione gastrointestinale E lo scienziato Adamo da Cremona scrive il trattato di medicina militare

Il secolo d’oro della cultura cremonese fu senza dubbio il periodo che va dal 1180 al 1300 circa, secolo in cui fiorirono Sicardo, Prevostino, Enrico da Casalorzo, Gherardo da Cremona, Gherardo da Cremona II, Gerardo Patecchio, solo per citarne alcuni. In questo periodo spicca la figura di Adamo da Cremona. Le prime notizie di questo personaggio ce lo indicano tra i canonici della Cattedrale di Cremona, firma di alcuni documenti che vanno dal 1213 al 1223. Nell’Obituario della Cattedrale si segnala che è morto il 3 novembre, senza specificare l’anno: “III nonas [novembris]. Obiit magister Adam subdiaconus et cantor huius canonice qui multa bona reliquit huic ecclesiæ pro altaribus serviendis”. Della sua vita poco altro si conosce se non che scrisse un libro famosissimo in quel periodo “Regimen iter agentium vel peregrinatium”. Il suo impegno scientifico è legato al fallimento della crociata del 1227: nel settembre di quell’anno le navi di Federico II salparono da Brindisi, ma dovettero interrompere la navigazione a Otranto a causa dell’insorgere di un’affezione gastrointestinale. Le circostanze che portarono al fallimento di quell’impresa militare richiesero la compilazione di un trattato di medicina militare, nominato Regimen iter agentium vel peregrinatium; il testo fu redatto da Adamo da Cremona che attinse ampiamente alla versione latina del Canon di Avicenna la cui versione si deve ad un altro cremonese: Gerardo da Cremona II (nato a Sabbioneta).

Miniatura europea del medico al-Razi nel libro di Gerardo da Cremona "Recueil des traités de médecine", 1250-1260

Lo scienziato di corte volle, intorno al 1228, delineare come si dovesse preparare chi intendesse dedicarsi “ad liberandam terram sanctam de manis inimicorum”. Per questo come per altri spostamenti si trattava di disporre l’organismo a un viaggio che alterava le consuete condizioni di vita; tutto ciò poteva provocare un disequilibrio degli umori corporei poiché “repentinam mutationem natura non diligit”. Occorreva dunque adattarsi a nuovi climi e ad alimenti diversi nonché “famem et sitim tolerare et iacere duriori lecto”, occorreva abituarsi alle privazioni della quiete, del sesso, dei bagni, “ceterisque corporis deliciis” in modo che il ricordo di quelle consuetudini non causasse fenomeni di depressione. Sulla base di questi enunciati Adamo descrisse: le eventuali diete alimentari che dovevano essere diversificate per ciascun soggetto; come far fronte ad un’indigestione; i modi per sopportare la fame, la sete e il caldo; cosa fare per evitare gli animali velenosi e la diffusione di pidocchi e parassiti. Nel Regimen di Adamo ogni aspetto di quella cura corporis alla quale gli scienziati medievali dedicarono estrema attenzione venne esaminato minuziosamente. In effetti c’era già nel sec. XIII una diffusa consapevolezza della necessità che, per evitare il contagio, ci si dovesse garantire la purezza dell’acqua; ciò era stato già evidenziato da Avicenna (Libri Canonis, Lib. I, fen. 3, doctr. 5, p. 7) che aveva esortato a bollire e a filtrare l’acqua attraverso un panno e aveva anche suggerito di ‘correggerla’ con aceto o vino; suggerimenti questi che furono ripresi dal medico imperiale Adamo. Invenzioni significative che non portarono però innovazioni altrettanto determinanti nel campo dell’igiene pubblica giacché la ‘pastorizzazione’ delle bevande  (intuita da Avicenna e da Adamo) si affermerà solo nel tardo sec. XIX con Louis Pasteur. Tuttavia alla corte di Federico II appare evidente che, accanto a esigenze e curiosità d’ordine enciclopedico testimoniate dall’opera di Michele Scoto o dal Libro di Sydrach, si affermò l’esigenza di affrontare e risolvere questioni scientifiche più circoscritte.. (Piero Morpurgo in Federiciana).

L.S.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...