Economia

Non voglio morire per l’Euro

Dieci anni fa ci siamo messi nelle mani dell’Euro. Era il primo gennaio 2002. Ora come siano andate le cose è sotto gli occhi di tutti. Spacciata come “bacchetta magica” –  da soloni (certamente) “disinteressati” –  la nuova moneta non ha affatto risollevato le sorti della nostra economia.  Ha voglia il Cavaliere di dire che “i ristoranti sono pieni” e i vacanzieri sempre in sella; la verità è che il tenore di vita (complessivo) degli italiani è peggiorato, molte famiglie stentano ad arrivare a fine mese, la disoccupazione giovanile è aumentata, molte piccole imprese chiudono i battenti,  persino molti giornali (ritenuti solidi)  annaspano e qualcuno sta già “scappellandosi” nelle banche.

Tira un’aria fetida. La Cancelliera tedesca pensa che le tensioni sulla valuta unica dureranno almeno fino al 2020 e che il rientro per i Paesi più deboli sarà una strada faticosa. I professoroni anti-Ue dicono che l’ Eurozona  imploderà  prima di dieci anni. Stiamo freschi.  Gli analisti di Wall Street sostengono che se non facciamo cambi radicali (“tagliate le spese, subito!”) l’Europa finirà come il Giappone.  Cioè, se va bene, per i prossimi vent’anni non ci sarà sviluppo. La colpa, ci mandano a dire quelli di New York che sono pappa e ciccia con i Grandi Burattinai, è della “politica delle bende invece che del  bisturi”.

Sarà perché ho appena visto il film “Inside job”, scritto e diretto da Charles Ferguson per smascherare i furbetti che ci hanno rubato il futuro; sarà perché attorno ai presidenti Usa girano sempre i soliti squali (Esempio: Alan Greenspan, presidente Fed,  è stato scelto da Reagan, confermato da Bush padre, riconfermato da Clinton) e la musica, con Obama, non è affatto cambiata; sarà perché la nostra classe dirigente è inadeguata a salvare un Paese in gravi difficoltà ( economiche, sociali, esistenziali).  Sarà perché- soprattutto – troppi “fenomeni”  in questi anni hanno riposto fiducia nel dio  Mercato. Gli è che – piaccia o no – siamo finiti sul ciglio del burrone. Perché?

Abbiamo a lungo adorato falsi idoli. E molti continuano a farlo. Prendete le tv e i giornali di questi giorni: è una continua, stucchevole venerazione alle Borse, al Fondo monetario internazionale,alla Banca centrale europea, ai “solisti” delle agenzie di rating (ve li raccomando, quelli ), ai capoccioni universitari che spuntano qui e là a condizionare la nostra esistenza. Sono i nuovi idoli che si impalcano e, alla faccia delle sovranità nazionali, dicono ai capi di governo “fate così, fate cosà”. Loro però non rischiano nulla: sono dirigenti, non rispondono ai popoli.

Ora, detto che la Banca centrale europea altro non  che una istituzione di banchieri privati che fanno il loro gioco  – sono i furbacchioni che hanno applaudito alla guerra in Libia, indovinate perché? –  e detto che questi signori stanno remando contro la nostra identità , perché dovremmo applaudirli e seguirli come cagnette ubriache? Io non voglio morire per l’euro né prostrarmi a questa nuova Europa dei banchieri che, tra l’altro,  fanno l’occhiolino agli islamici (e al loro denaro). Dobbiamo uscirne coi nostri mezzi facendo ripartire la crescita, aumentando la produttività dei servizi. Il bello è (si fa per dire) che facendo noi parte dell’Unione europea,  siamo costretti a tenerci quest’euro e financo tutelarlo. Anche se non funziona. Anche se ha raddoppiato i prezzi e dimezzato gli stipendi.

Enrico Pirondini

 

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...