Cronaca

Sospiro, 60 posti per disabili a Brescia L’ex presidente Tadioli: «Situazione frutto di un problema segnalato e inascoltato»

Dopo l’interpellanza urgente di Torchio alla Provincia sui sessanta posti per disabili trasferiti dalla Fondazione IOS di Sospiro alla struttura ‘Casa di Dio’ operante nella città di Brescia, interviene sulla questione l’ex presidente dello Ios Sospiro, Giuseppe Tadioli. «Lo spezzatino cui stiamo assistendo non è che l’esito naturale del 2008/2009. Ampiamente previsto e inutilmente segnalato. Quante volte si è ripetuto che l’autosufficienza era una illusione dannosa per IOS. Forse più che gridare al “territorio depredato” oggi sarebbe meglio ammettere “non ho capito”».

IOS ha attraversato indenne la seconda metà del ‘900. Nei primi anni duemila era ancora tranquillamente chiamato “istituto”. (e oggi chi pensa più di mettere il proprio figlio-fratello-sorella in “istituto”?). Ad ogni tornante di riforma (’68 ospedaliera, ’78 psichiatrica, per citare le più rilevanti) Sospiro era sempre un’altra cosa … e così la sua navigazione è proseguita fino ad oggi. Questo è il risultato più sorprendente della ricerca storica presentata ad inizio 2009. Su cui forse dovremmo riflettere con più attenzione.
“La funzione assistenziale che esso svolge è attualmente da considerarsi anacronistica e poco qualificata malgrado gli apprezzabili sforzi degli amministratori e degli operatori per cercare di migliorarne il livello”: queste erano le conclusioni cui nel 1972, all’indomani della nascita delle Regioni, giunse le Commissione regionale incaricata. Ancora alle soglie del duemila, con oltre 500 disabili riproduceva un modello “contenitivo” e di “segregazione sociale” ormai fuori dal tempo. Oggi tutti parliamo di inclusione e di integrazione sociale, di insegnanti di sostegno nella scuola (e non certo di scuole speciali), di Convenzione ONU del 2007, di Amministratore di sostegno e di superamento della incapacitazione (che è proprio la metafora del contenitore separato). Parliamo di un Piano regionale per la disabilità appena approvato dalla Lombardia.
Una Regione che da oltre vent’anni si è posta il problema dell’integrazione sociale delle disabilità (prevedendo, fra l’altro, strutture/comunità da 20 posti … non certo “castelli” da 500 persone). Dunque questo era (ed è) il problema vero di Sospiro. Sul perché l’abbiamo ignorato per qualche decennio di troppo è domanda davvero affascinante. E ci porterebbe lontano (Suon Spirit Liberati di Renato Rozzi & C risale al 1978). Una popolazione residente disabile molto anziana. Oltre la metà è entrata a Sospiro nell’infanzia. E oggi ha 50, 60 o 70 anni (una vita intera trascorsa “in istituto”). Una popolazione proveniente da tutto il Paese. E dal 2000 solo dalla Lombardia.
Modelli di presa in carico e di intervento sostanzialmente obsoleti, nonostante i pregevoli sforzi individuali o di gruppo di molti operatori. Ma finché non entra davvero in discussione il modello sono inutili. Anzi vengono spesso frustrati, come hanno amaramente insegnato le delusioni anni ‘90. Su queste basi ha preso forma il “progetto Sospiro”. Nel primo biennio intorno ad una proposta di Fondazione aperta al territorio: una impresa sociale in grado di affrontare un progetto di rilancio. Poi, di fronte alla sostanziale insensibilità, l’idea di una partnership con un soggetto privato di qualità.
Questo infatti era il bivio. Un progetto per tentare di rompere la spirale del declino naturale e aprire un nuovo ciclo di sviluppo sul territorio (l’ambulatorio di riabilitazione di Cremona è l’esempio più chiaro delle potenzialità del progetto) e a livello regionale (le persone con disabilità oggi devono poter vivere in famiglia o almeno il più vicino possibile alla famiglia). Ma per questo servivano alleanze forti e credibili. Oppure rassegnarsi a gestire il progressivo smantellamento di IOS disabilità (peraltro già in corso da tempo), mitigandone le criticità. Le note di fine mandato fotografavano con coraggio proprio questa alternativa.
Lo spezzatino cui stiamo assistendo non è che l’esito naturale del 2008/2009. Ampiamente previsto e inutilmente segnalato. Quante volte si è ripetuto che l’autosufficienza era una illusione dannosa per IOS. Forse più che gridare al “territorio depredato” oggi sarebbe meglio ammettere “non ho capito”. Capire gli errori è il primo passo per crescere. La politica prima o poi deve fare i conti con le dure repliche della realtà. I fuochi d’artificio finiscono, come insegna la vicenda nazionale di queste settimane. E resta la dura realtà di un paese che non sa più crescere, perché non riesce ad immaginare un futuro. E di un territorio che talvolta esita a riconoscerei nuovi progetti di sviluppo.

Giuseppe Tadioli

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