Processo Bracchi-Lazzarinetti alle fasi finali. Il Pm: «La versione dei Bracchi non sta in piedi»
Il processo ad Italo Bracchi e al suo ex socio Adriano Lazzarinetti è arrivato alle fasi finali. Il primo, Italo Bracchi, commercialista, deve rispondere dell’accusa di calunnia, il secondo, ragionier Lazzarinetti, di appropriazione indebita: si sarebbe messo in tasca una parte del denaro che doveva servire per pagare le imposte dell’avvocato Simona Bracchi, figlia di Italo Bracchi. Quest’ultima, risultata evasore del Fisco e della Cassa forense per 500 mila euro, si è costituita parte civile. Il procedimento penale è presieduto dal giudice Clementina Forleo. Il ragionier Lazzarinetti è difeso dagli avvocati Giovanni Benedini e Lapo Pasquetti, Italo Bracchi è assistito dall’avvocato Claudio Schiaffino, mentre Simona Bracchi è rappresentata dall’avvocato Francesco Arata. Parola al Pm Francesco Messina: «La versione dei Bracchi non regge: la storia dei contanti e delle monetizzazioni alle quali Lazzarinetti avrebbe dovuto attingere ad ogni scadenza fiscale non convince e il racconto dei Bracchi è pieno di incongruenze e contraddizioni». Messina ha ricordato i 250 milioni di lire in contanti tenuti da Simona Bracchi nella cassapanca, la monetizzazione di assegni emessi sia da Simona Bracchi che da sua madre Vanna Lazzarini incassati dalla tabaccheria («Procedura inusuale, soprattutto per importi così alti») e le matrici degli assegni, a detta della Bracchi conservate ma poi scomparse nel mistero. «Gli assegni emessi dai Bracchi in favore della tabaccheria, dunque, non servivano per pagare le imposte, ma venivano giocati al lotto da Vanna Lazzarini». Questa l’accusa del Pm che l’11 novembre chiuderà la requisitoria.