Cronaca

11 settembre 2001, in quella moschea di via Massarotti nella piccola Cremona

Roberto Fiorentini, giornalista cremonese attualmente vicedirettore di Lombardia Notizie, si è occupato di terrorismo islamico con inchieste, servizi giornalistici e libri. Da lui la ricostruzione di come ‘funzionava’ la moschea estremista di via Massarotti.

E’ sempre stato difficile: anzi quasi impossibile, spiegare le connessioni tra un fatto planetario come l’abbattimento delle Torri Gemelle di New York e tanti, piccoli episodi e “strane” vicende accaduti nella sperduta Cremona. E’ stato complicato far credere ad un’ottusa politica locale e a un’opinione pubblica sbigottita dai morti e dall’inferno sulla terra, che è esistito un filo rosso che ha unito il destino del’immensa city, alle grandi città europee, fino al piccolo borgo lombardo. Eppure nel lontano e freddo febbraio del 1998, in una cenciosa cucina di via Massarotti, apparvero  manuali per sparare missili terra-aria con la scritta Al Qaeda. La cucina era quella di Ahmed El Bouhali musulmano integralista e capo della moschea. La buona volontà dei poliziotti non bastò per capire quanto stava accadendo. Eppure in quella stessa casa si comprese che quegli uomini di fede islamica, collegati tra loro, volevano una grande strage colpendo i mondiali di calcio in Francia.

Eppure, era già il 2001, in una notte di gennaio, agenti dei servizi segreti e poliziotti si precipitarono, a perdifiato, sempre in quella casa di via Massarotti per accertarsi se lui Ahmed se ne stava accovacciato sui tappeti o non tra quel gruppo di magrebini che voleva far saltar l’ambasciata di via Veneto a Roma. Eppure, mancavano pochi giorni all’immane disastro, quando i volenterosi poliziotti della questura di Cremona si accorsero che quello stesso Ahmed era fuggito, in una notte d’estate, verso l’Afghanistan senza bene un perché. Eppure, un agente davanti ai giudici disse di aver trovato un filmato in quella moschea del terrore dove aerei si infrangevano contro le case di New York. Eppure qualche inquirente arrivò qui, molti anni dopo, a chiedere nomi e cognomi per confrontarli con chi le torri americane fece scoppiare. Dopo venne tutto il resto: inchieste per terrorismo internazionale. Pentiti. Rei confessi. Arresti. Possibili attentati a chiese e a metropolitane. Videoclip con uomini e animali sgozzati. Documenti inneggianti alla Jihad e alla Guerra Santa. Condanne in ogni grado di giudizio: fino alla Cassazione. Espulsioni. Eppure, ancora oggi, qualcuno non crede a quel filo rosso. A dieci anni di distanza l’11 settembre deve essere ancora capito fino in fondo. Soprattutto qui: sotto il Torrazzo; più che la morte ha vinto l’ideologia.

Roberto Fiorentini

 

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