Cronaca

TALENTI CREMONESI ALL’ESTERO (3) Matteo Forloni, ricercatore a Yale: «Sono innamorato della mia città, ma non si vive di solo amore»

La terza puntata della rubrica Talenti cremonesi all’estero è a stelle e strisce. Dopo Luca Bertarini, dottorando in Cina (leggi l’articolo), e Fabio Garavelli, impiegato nel settore primario in Germania (leggi l’articolo), questo è il contributo di Matteo Forloni, ricercatore a New Haven, nel Connecticut.

New Haven è un’importante centro universitario. Nel centro della “città degli olmi”, sulla costa nord-orientale degli Stati Uniti d’America, infatti, ha sede la prestigiosa Università Yale. E’ qui che lavora Matteo Forloni, 32 anni di Cremona, professione ricercatore in un postdottorato. «Ho lasciato Cremona – racconta – perché per lavorare come ricercatore bisogna fare esperienza in diversi laboratori, possibilmente all’estero». Ormai sono molti anni che Matteo è via da Cremona: ha vissuto quattro anni a Roma dove ha fatto il dottorato e da gennaio 2006 si è trasferito a New Haven. Cambiamenti importanti di città, di paesi e continenti, ma soprattutto della vita nel quotidiano. «La mia vita e’ cambiata radicalmente – dice -. Da un giorno all’altro mi sono ritrovato in balia di me stesso. Ho dovuto imparare a gestire la mia vita, partendo dalle stupide cose come mettere una lavatrice ed imparare a cucinare fino ad attivare luce, acqua gas, interagire direttamente con il sistema burocratico italiano, pagare le bollette. Insomma, tutte cose che ho spesso dato per scontate, ma che invece non lo sono. Da quando vivo da solo vedo i miei genitori con occhi diversi: non sono piu solo i miei genitori sono anche i miei supereroi. Io ho fatto fatica ad andare avanti da solo, mentre loro hanno cresciuto tre figli. Posso con sicurezza dire che questa esperienza mi ha cambiato in meglio. Sono cresciuto e maturato».
Da oltreoceano, un occhio diverso per i genitori e un occhio diverso per Cremona. «Da quando me ne sono andato ho imparato ad apprezzare veramente la mia città. Penso sia assolutamente a misura d’uomo, ben organizzata, pulita e tranquilla. Purtroppo come tutte le piccole città non offre granché dal punto di vista del lavoro, soprattutto ad un ragazzo laureato». Nessun rimpianto, dunque, per aver scelto di lasciare prima Cremona e poi l’Italia con l’obiettivo di intraprendere la carriera accademica. «Quest’esperienza mi ha aperto la mente – dichiara Matteo -. Mi ha permesso di poter gestire il quotidiano con un potenziale enormemente più ricco di quello che avrei avuto se fossi rimasto tutta la vita a Cremona. Ho conosciuto persone provenienti da tutto il mondo, sono entrato in contatto con culture diverse, cucine esotiche e svariate lingue. Ho vissuto in città diverse ed ogni volta ho dovuto riadattarmi, è stata una sfida continua con me stesso». E’ possibile un ritorno alle origini? «Sinceramente non lo so – risponde -. Quando torno a casa, Cremona mi va un po stretta. Va bene per rilassarmi, per distrarmi e farmi viziare ancora un po dai miei. Ma dopo un po’ che ci sono mi manca quel dinamismo che nella grande città si vive quotidianamente. Anche se quando sto troppo tempo lontano sento la necessità di tornare casa. E’ davvero una sensazione strana, forse, in fondo, normale». Un ricercatore mancato nei campi: se Matteo fosse rimasto a Cremona probabilmente sarebbe andata a finire così: «Visto che amo la natura, me ne sarei andato a lavorare in campagna. Assurdo perché ora sto chiuso in un laboratorio otto ore al giorno, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente, quindi forse la più vera».

Se siete o conoscete cremonesi all’estero che vogliono partecipare alla nostra rubrica, scrivete a redazione@cremonaoggi.it.

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...