In tutta la provincia, sciopero delle RsaAll’Ex Soldi prevista alta adesionealla protesta contro la privatizzazione
Inizio agosto in sciopero per i dipendenti delle Rsa (Residenze Sanitarie Assistenziali) della provincia di Cremona. Lunedì 1, infatti, da Crema a Robecco, da Pandino a Cremona, le Case di Riposo sono in agitazione. Il motivo? Il passaggio per il personale dipendente da un contratto Enti Locali al contratto Uneba che – questo l’allarme dei sindacati – «riduce lo stipendio del 20% a parità di qualifica, aumenta le ore di lavoro portandole a 38, invece che 36, e riduce le ferie, 26 giorni, anziché 32». Cgil, Cisl e Uil cremonesi sono concordi: «Così, la crisi economica del settore la pagano innanzitutto i dipendenti, nonostante i problemi di bilancio siano riconducibili alle scelte della regione Lombardia, per quanto riguarda la remunerazione e gli accreditamenti». Strategie che – secondo i sindacati – potevano essere indirizzate diversamente e che rendono possibile una sempre maggiore affermazione della presenza e dei modelli della gestione privata.
A Crema, Pandino e Robecco le decisioni sono state prese: i neoassunti firmano già il contratto Uneba. Diversa la situazione dell’Ex Soldi, attuale Cremona Solidale, che attende ancora di sapere quale direzione dovrà prendere la struttura. La questione è lunga e complessa. L’Azienda Cremona Solidale è – tecnicamente – un ente strumentale del Comune di Cremona che opera nel settore dell’assistenza sociale e socio sanitaria alla persona e si occupa di anziani, diversamente abili, adulti e minori. L’Azienda è pubblica: ha un suo cda e 400 dipendenti (altri sono di Cooperative a cui l’Azienda ha appaltato dei servizi), ma nomine e linee guida sono dettate in tutto e per tutto dal Comune. Circa due mesi fa, sul giornale locale La Cronaca, è uscita la notizia di uno studio di fattibilità finanziato dalla Fondazione Città di Cremona, sulle possibilità di trasformazione dell’Azienda Cremona Solidale. Il documento valutava pro e contro di alcune possibilità: quella di fare dell’Azienda una vera e propria Fondazione, in questo caso la struttura diventerebbe una Rsa di città del tutto privata; quella di lasciare solo il ramo assistenziale al Comune e di far confluire l’Azienda nella Fondazione Città di Cremona; e la possibilità, infine, di mantenere il carattere pubblico dell’Azienda, tenendo soltanto i servizi che la struttura può gestire con proprio personale.
Ogni anno l’Azienda Cremona Solidale chiude il bilancio con un buco di 500-600 mila euro, coperto grazie ad un’erogazione da parte della Fondazione Città di Cremona. Per ridurre i costi, secondo lo studio di fattibilità, la trasformazione dell’Azienda dovrebbe fondarsi proprio sul cambio del contratto ai dipendenti. La notizia ha scatenato timori e agitazioni: la maggior parte dei dipendenti ha un’anzianità superiore ai dieci anni e il passaggio dalla Cassa Inpdap a quella dell’Inps è svantaggioso; non solo, i dipendenti dell’Azienda hanno sostenuto un concorso per ottenere il posto e nel caso di passaggio a privato si troverebbero privi di certezze; infine, lavoratori e sindacati sono concordi nel ritenere che i servizi socio-assistenziali alle fasce più deboli della popolazione debbano rimanere a gestione pubblica. «Il ricorso al contratto Uneba – è la risposta dei sindacati – serve solo a scaricare sui lavoratori le responsabilità gestionali di chi non ha saputo intervenire per una corretta ed equilibrata gestione. Bisognerebbe agire sugli sprechi, sulle consulenze, sugli apparati e sulla disorganizzazione che generano perdite quotidiane».
Per questi motivi, lunedì 1° agosto, dunque, i dipendenti dell’Azienda Cremona Solidale si fermano come i colleghi di Crema, Pandino e Robecco e prendono parte – dalle dieci all’una – ad un presidio organizzato davanti alla struttura di via Brescia. I sindacati si aspettano un’affluenza altissima, considerando il fatto che l’Azienda (come è normale che sia per garantire il servizio) ha dovuto inviare la raccomandata di precetto ad alcuni dipendenti che non potevano essere sostituiti.