Cronaca

Dopo i primi 100 già accolti,in arrivo altri 200 profughi dalla LibiaAppello del vescovo alla Chiesa cremonese

Dinanzi ai continui sbarchi sulle coste italiane di profughi del Nord Africa che necessitano di un’accoglienza dignitosa e civile, il vescovo di Cremona, S. E. mons. Dante Lafranconi, ha scritto un accorato appello alla solidarietà alle comunità parrocchiali della diocesi. A Cremona, infatti, sono già giunte 100 persone, per la maggior parte accolte dalla Caritas cremonese, ma secondo i dati forniti dalla Prefettura in una riunione del 24 giugno scorso sono in arrivo altri 200 profughi.

Per questo motivo il Vescovo rivolge alle parrocchie l’invito ad aprire le proprie strutture per alloggiare piccoli gruppi di persone.

«Nei mesi scorsi – spiega don Antonio Pezzetti, direttore di Caritas Cremonese – abbiamo accolto i tunisini che scappavano dal loro paese in rivolta, adesso si presentano in Italia persone nord-africane scacciate dalla Libia di Gheddafi come ritorsione agli attacchi della Nato. L’ideale sarebbe non ammassarli tutti in uno stesso luogo, ma suddividerli sul territorio, così che possano meglio integrarsi. Abbiamo già ricevuto segnali positivi dalla Casa Famiglia S. Omobono e dalla Fondazione Germani, che nei prossimi giorni offrirà alloggio a sei profughi».

RIFUGIATI E PROFUGHI DALLA LIBIA. IMPEGNO PER I CRISTIANI

L’APPELLO DEL VESCOVO DANTE LAFRANCONI

Ai Fedeli, Sacerdoti, Religiosi/e della Diocesi

L’ondata dei profughi che dalle coste del Nord-Africa cercano approdo in Italia è già stata oggetto di un intervento della Conferenza Episcopale Lombarda il 12 Aprile scorso. Allora si è scritto che un tale fenomeno migratorio, oltre che provocare in noi una profonda emozione, ci sollecita, come comunità cristiana e come cittadini, a dare risposte concrete di accoglienza e di aiuto.

In questi primi mesi la nostra Caritas, in collaborazione con le varie Autorità competenti, ha fornito una prima generosa risposta; ma i continui sbarchi sulle coste di Lampedusa (che per certi versi non fanno più notizia), fanno sì che la nostra Provincia è e sarà ancora interpellata per accogliere altre decine di queste persone.

Pertanto la nostra Chiesa cremonese come pure le altre Chiese della Lombardia sono tutt’ora interpellate per dare nuove ed originali risposte a questa situazione così drammatica per le tante persone costrette a fuggire dalla guerra. Tutte si portano dietro commoventi storie di dolore per la perdita dei loro cari sotto i bombardamenti o durante i viaggi della speranza verso l’Italia o per la perdita dei loro beni che hanno dovuto abbandonare in quella terra dove erano giunte alla ricerca di lavoro per sostenere le proprie famiglie rimaste nei Paesi d’origine.

Il loro dolore e la loro speranza non possono lasciarci indifferenti se appena diamo ascolto al Vangelo che ci ricorda come Gesù Cristo abbia voluto identificarsi con ognuna di esse: “Ero straniero e mi avete accolto… tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me” (Mt 25).

Il dramma dei profughi, però, interpella non solo la coscienza dei cristiani, ma anche quella di tutti i cittadini. E’ infatti una questione di civiltà e di convivenza tra gli uomini, che come tale interessa il senso e la funzione delle Istituzioni civili, con le quali sono indispensabili una cordiale intesa e una costante collaborazione – come si è fatto finora – perché l’accoglienza avvenga nel rispetto delle leggi e nella sicurezza dell’ordine sociale.

Nella prospettiva di dare riscontro effettivo alla parola del Vangelo, mi rivolgo alle Comunità cristiane: non è possibile individuare nelle nostre parrocchie degli spazi per ospitare tre o quattro di queste persone?

I tempi e le modalità saranno di volta in volta concordate con la Caritas diocesana che, in collaborazione con le Autorità competenti, manterrà il coordinamento e seguirà tutti gli aspetti giuridici del caso. Sarebbe un modo molto concreto, accostando persone della nostra stessa fede o anche di fede diversa, di condividere la “vita buona del Vangelo”; sarebbe anche una occasione per percorrere insieme con quanti sono sensibili a questo problema la strada di un impegno solidaristico, segno prezioso in un contesto culturale come l’attuale, attraversato spesso da dichiarazioni e stili di vita individualistici e ripiegati egoisticamente sul proprio benessere.

Ai giovani mi sento di rivolgere un invito particolare: i profughi, che giungono da noi, sono in maggioranza giovani anch’essi. Perché non scegliere di dedicare del tempo a loro, esprimendo una vicinanza che da amicale possa diventare servizio di volontariato? Le modalità possono essere molteplici e varie: aiutarli ad imparare la nostra lingua; condividere con loro un po’ del proprio tempo libero ascoltando insieme della musica, praticando sport, interessandosi alla cultura dei loro Paesi, illustrando le bellezze artistiche della nostra Città, e quant’altro la fantasia può suggerire.

Faccio questo appello, avendo negli occhi i volti e nel cuore le domande del primo gruppo di profughi che ho incontrato alla Casa dell’Accoglienza. Essi, prima di chiedermi aiuto, mi hanno ringraziato per quanto la nostra Chiesa sta facendo. Per loro e per gli altri che sono in arrivo chiedo a tutti la preghiera e a chi può un generoso slancio, in accordo con la Caritas e con l’Autorità locale, come segno di fede e di carità nel gesto di una fraterna accoglienza.

 

+ Dante, vescovo

 

 

 

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