Cronaca

Ecco il testamento di Grasselli che regala il palazzo al Comune Venderlo? Il grande azzardo di Nolli

Ecco qui il testamento olografo di Ippolito Grasselli, scritto il 23 dicembre 1960 davanti al notaio Valcarenghi, con il quale lascia lo splendido palazzo di via 20 settembre, 37 per scopi pubblici. Le volontà di Ippolito vennero poi confermate dai figli Giulio e Giancarlo che meglio precisarono la destinazione. In riferimento al palazzo, si legge: “Lego l’immobile con giardini e rustici, esclusa mobilia, arredamento etc., sito in Cremona in via 20 settembre 37, a quello degli enti più sotto da me determinati, che verrà scelto dai miei figli, ai quali lascio congiuntamente l’usufrutto del medesimo immobile, con diritto di accrescimento nel superstite. Intendo però che l’immobile, cessato l’usufrutto, sia in perpetuo destinato o per gli usi attuali con utilizzo dei redditi per gli scopi istituzionali del legatario, oppure a scopi di istruzione, e che in entrambi i casi non venga alterato il carattere monumentale e il decoro dell’edificio. Enti da me determinati su cui dovrà cadere la scelta: Collegio Universitario Ghislieri di Pavia, Accademia Nazionale dei Lincei, Università di Milano, Università di Pavia, Università di Parma, Ministero della Pubblica Istruzione, Associazione Nazionale Italia Nostra (di cui fu uno dei fondatori, ndr), Comune di Cremona. Desidero che l’immobile conservi la denominazione Casa Grasselli”. I figli di Ippolito, Giulio e soprattutto Giancarlo – l’ultimo erede- optarono poi per il Comune di Cremona. Oggi l’Amministrazione Perri vorrebbe disfarsi dell’immobile per 5 milioni di euro, tradendo in questo modo le volontà di Ippolito Grasselli e dei figli che sognavano una destinazione culturale del loro palazzo (museo, sede universitaria, centro studi).  Il solo pensare all’eventualità  dell’alienazione – per pure ragioni di bilancio – scoraggerà in futuro ogni altro lascito testamentario in favore della città oltre che fare un torto gravissimo a chi, con grande senso civico e magnanimità, ha voluto lasciare a Cremona un simile gioiello. Il Comune si farebbe forte di una sentenza della Cassazione del 1990 con la quale si interpreta come “non perpetua” la destinazione vincolante di un lascito testamentario.

Il Comune ha rinunciato ad ogni idea di utilizzo del palazzo che non sia la semplice alienazione? Certo si sceglie la soluzione più facile ma nella città che sceglie di investire nella cultura, si può rinunciare ad un simile contenitore e scrigno artistico. Almeno in passato gli amministratori mostravano più interesse per la nostra storia e le nostre tradizioni che non gli attuali. L’avvocato Luigi Magnoli, ad esempio, per lungo tempo attento assessore comunale alla cultura e grande amico dei Grasselli, aveva cullato il sogno di ricavare nel palazzo (qualora fosse stato lasciato in eredità al Comune) il museo della città. Un grande contenitore espositivo con le carte di Cremona, i piani regolatori, le fotografie dei cambiamenti della città tra città e campagna. A lungo si cullò anche il sogno di farlo diventare sede universitaria oppure – al tempo dell’assessore Berneri – il museo dei pianoforti cremonesi, strumenti che hanno avuto qui una storia straordinaria purtroppo spesso dimenticata.

Ma sulla vendita eventuale potrebbe esserci l’opposizione della Soprintendenza. Infatti l’ente di tutela – forse proprio a garanzia della non alienazione dell’immobile – ha vincolato al palazzo anche alcuni beni artistici di proprietà degli eredi del valore di diverse centinaia di migliaia di euro (i pannelli del Manfredini in salone e il meraviglioso lampadario veneziano). La Soprintendenza legandoli al palazzo li ha vincolati ad essere indissolubilmente legati alle mura, impedendo agli eredi di entrarne in possesso. L’eventuale acquirente dell’immobile sarebbe costretto ad acquistare dagli eredi anche i pannelli del Manfredini e il lampadario veneto lasciandoli però esattamente dove stanno. Anche alla luce di questo il mettere a bilancio la vendita del palazzo Grasselli sembra un grande azzardo, oltre che un’offesa alla memoria del donatore.

Ecco il testamento completo

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